«Un’uscita della Grecia dall’euro non avrebbe effetti negativi per la ripresa italiana. Espulso un Paese recalcitrante, gli altri 18 membri dell’Eurozona farebbero quadrato e la stessa Germania darebbe il suo pieno sostegno a un rafforzamento del quantitative easing della Bce». È il commento di Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison. Ieri l’Istat ha diffuso i dati sulla produzione industriale nel mese di maggio, da cui risulta un incremento dello 0,9% rispetto ad aprile e del 3% rispetto a maggio 2014. Dati importanti, che non sembrano essere poter essere messi a rischio da una non ancora escludibile Grexit.
Professore, come valuta i dati Istat sulla produzione industriale?
La ripresa della produzione industriale italiana è guidata da alcuni settori che stanno andando in modo formidabile. L’incremento tra maggio 2015 e lo stesso mese del 2014 riguarda non solo i mezzi di trasporto, che stanno tirando molto per l’effetto Fiat. Gli stessi macchinari e attrezzature registrano un incremento di quasi l’8%, la farmaceutica è al +10%, abbiamo un aumento sensibile della produzione di articoli in gomma e plastica, mentre elettronica e apparecchi biomedicali crescono del 9%. Confrontando invece il dato di maggio con quello di aprile, c’è un +0,9% contro il +0,3% previsto da Confindustria.
In caso di Grexit, questi dati positivi segnerebbero un’inversione di tendenza?
Le opinioni sono le più disparate. Giovedì il Fmi ha presentato un rapporto nel quale si afferma che anche in caso di Grexit la situazione non cambierebbe poi tanto. Se anche Atene andasse completamente in tilt, l’Italia non subirebbe un danno diretto sul fronte delle esportazioni. Già l’export verso la Grecia sta andando malissimo, si tratta di un mercato che per l’Italia è praticamente defunto già da parecchio tempo.
Ci sarebbero comunque ripercussioni indirette?
Le ripercussioni anche indirette attraverso un calo dell’export degli altri Paesi verso la Grecia sono a loro volta limitate, perché anche gli altri Stati stanno esportando verso Atene molto meno rispetto al passato. Tutt’al più si avrebbe un potenziale effetto sui tassi, ammesso che questi ultimi registrino un’effettiva impennata. Il Quantitative easing comunque protegge l’Eurozona, e a maggior ragione lo farebbe in caso di Grexit.
Lei esclude i rischi di contagio?
Sì. Espulso un Paese recalcitrante come la Grecia, ci sarebbe molto più consenso sul fatto di arrestare un contagio sia pure più limitato rispetto a quello del 2011. Anzi, il contagio non inizierebbe nemmeno perché la Bce avrebbe un mandato forte anche da parte dei Paesi del Nord Europa. Nel momento in cui uscisse il Paese più problematico, a quel punto gli Stati del Nord si impegnerebbero per difendere l’euro e chi vi è rimasto, con quelle economie che hanno fatto le riforme e i sacrifici necessari. L’impatto di una Grexit sarebbe dunque molto limitato.
Usando una metafora calcistica, una squadra che perde un giocatore non resta comunque penalizzata?
In questo caso no. È come se in una squadra ci fosse un calciatore che non gioca bene, l’allenatore lo sostituisce e a quel punto fanno tutti quadrato. La Bce svolgerebbe il ruolo di portiere, e uscirebbe rafforzata da un’eventuale espulsione della Grecia perché avrebbe la possibilità di intervenire in difesa di Paesi che sono giudicati amici.
E se a quel punto la Germania iniziasse ad accanirsi su Spagna, Portogallo e Italia?
Spagna e Portogallo da tempo sono considerati un esempio positivo per la loro serietà. Il fatto che la stessa Italia si sia costruita una forte immagine in Germania permette anche di affrontare un eventuale scenario come Grexit con maggiore fiducia rispetto al passato.
Paradossalmente Grexit potrebbe essere un bene?
Non direi questo, perché come cittadino europeo mi auguro che si trovi una soluzione di buon senso. Anche perché poi si aprirebbero scenari geopolitici che non sarebbero positivi per i destini dell’Europa. La Grecia potrebbe essere attratta in orbite diverse, che andrebbero a inasprire i rapporti già difficili che oggi ci sono, per esempio, tra Europa e Russia.
(Pietro Vernizzi)