Lavorare il legno, trattarlo, rifinirlo e venderlo. Il ciclo dell’industria del legno come altri settori, va da sé, procede di norma su questi binari incanalati. Ma il mercato moderno sta un po’ sconvolgendo queste dinamiche consolidate, obbligando le imprese a cambiare i piani, a stravolgere le abitudini, magari anche trentennali e a trovare nuove innovative idee, se si vuole sopravvivere e, perché no, vivere degnamente. Questo è l’identikit di molte aziende, magari meno note nel nostro paese, che hanno intrapreso questa sfida con un forte rischio ma che ora vedono pagare in termini di successo e continua crescita. Come ad esempio la Corà Domenico e Figli, azienda leader internazionale nel commercio del legno con numerosi stabilimenti in varie parte del mondo, Africa compresa, e affiliata in Italia a FederlegnoArredo. Abbiamo raggiunto il presidente Stefano Corà per un’intervista esclusiva al Sussidiario, anche in vista del suo intervento di oggi all’interno della giornata del Gabon ad Expo Milano 2015.



Presidente Corà, ci racconti la sua esperienza di impresa: com’è nata la vostra azienda?
Una storia che parte da lontano, con radici ben radicate nel nostro settore, il legno. Fin dal 1919 abbiamo iniziato col legno e i suoi derivati, partendo con mio nonno dall’altopiano di Asiago nel vicentino. Dopo la guerra, negli anni ’50-’60, abbiamo però iniziato ad uscire dai confini nazionali cercando l’esportazione, arrivando fino in Indonesia e e verso l’Africa. Poi ancora Nord e Sud America, Nord Europa e Asia, insomma dovunque. Dagli anni Ottanta in poi però abbiamo puntato più sul lato commerciale che non su quello industriale, con diverse acquisizioni di aziende concorrenti (vedi Giardino di Genova o la Fratelli Feltrinelli di Milano) e la crescita esponenziale dell’export.



Quanto incide oggi l’export sull’operato della vostra azienda?
Dal Duemila la svolta, siamo tornati ad essere produttori all’estero in Bosnia, Romania e Gabon, iniziando a fare la prima trasformazione del legno non più in Italia ma direttamente dove la foresta cresce. In seguito abbiamo concentrato nel nostro Paese i nostri stabilimenti facendo così i conti con le richieste del mercato interno odierno. L’export per noi oggi è decisivo, se prima incideva per non più del 2% sulle nostre attività, oggi segna almeno una quarto dell’intero fatturato totale e questo è dovuto anche dalla grande varietà dei nostri legni che commerciamo, sia europeo che tropicale in modo da essere appetibili per più mercati contemporaneamente.



Presidente perché il Gabon come uno dei partner più stretti? Come è la situazione li e come vede la prospettiva di crescita per l’intero continente africano?

Siamo arrivati in Gabon 15 anni fa, approfittando della privatizzazione di una grande azienda di stato che faceva legno compensato e ci ha conquistato subito quel territorio. La foresta gabonese è fatta per lo più di okoumè, un legno leggero ma molto resistente che permette di sviluppare prodotti per l’industria serramenti come per quella nautica. In Olanda ad esempio vendiamo tantissimo questo tipo di legno perché ideale per infissi e serramenti delle case sottoposte a moltissima umidità per via dei canali d’acqua. In Gabon abbiamo 600mila ettari in concezione forestale e lavorando in maniera sostenibile diamo lavoro a 750 persone (che in un paese grande come l’Italia ma con solo un milione e mezzo di abitanti è come dire da noi un’impresa con più di 5mila dipendenti). Lavoriamo molto bene perché lì le condizioni sono davvero favorevoli. 

 

Quindi c’è speranza anche per l’Africa…
Esattamente, ci sono davvero tante afriche. Il Gabon ha la fortuna di essere un piccolo stato con un popolo dalla tradizione non guerriera: mancano dunque tensioni demografiche e soprattutto sono stati molto oculati nello sfruttamento delle tantissime risorse di materie prime che posseggono. Petrolio, ferro, manganese e per l’appunto una foresta che ricopre il 60% del territorio, i gabonesi hanno una fortissima lungimiranza nella gestione di queste risorse tanto da continuare a crescere anche in questi anni in cui è calato il prezzo del petrolio. È un po’ l’isola felice del bacino del Congo ma sono anche bravi nel mantenersi in queste condizioni. 

 

Come viene affrontata la gestione della foresta in Gabon?

La foresta è una risorsa, perciò la usano senza raderla al suolo in maniera ossessiva per farne pascoli o campi da coltivare: sarebbe un controsenso per la loro economia e poi non rientra nella loro concezione di ambiente. Sono davvero molto attenti, pensi che viene concesso di tagliare una sola pianta per ettaro, solo alcune specie e tra l’altro solo le piante di quella specie che sono mature realmente. Tale gestione sostenibile e green del loro territorio, e non invasiva, non ha dunque permesso i fenomeni disastrosi che siamo abituati a vedere in questi anni e nel passato in larga parte dell’Africa. Noi con la Corà Wood Gabon portiamo la nostra testimonianza in Italia cercando di far conoscere il più possibile questa realtà interessante per poter accrescere le relazioni tra i nostri due Paesi.  

 

Oggi inizia una tre giorni dedicata al Gabon all’Expo Milano 2015, in cosa consiste la partecipazione del settore legno?
Il Gabon, presente all’Expo con una padiglione dedicato all’interno del cluster Cacao, ha fatto una proposta molto interessante e vincente agli organizzatori di questa grande esposizione universale quest’anno in Italia: all’interno del tema cardine dell’Expo “Nutrire il pianeta!” non solo il Gabon partecipa con le sue industrie agroalimentari ma prova ad allargare il concetto ad un tema più ampio, ovvero quello di nutrire il globo con l’ossigeno delle proprie foreste. Una scommessa vinta tanto che molti degli interventi di oggi vertono sul concetto ampliato di nutrimento dal cibo fino alle foreste: un pianeta che respira è un pianeta che vive. 

 

La Corà è un’azienda affiliata a FederlegnoArredo, la grande federazione del legno italiana anche se sempre più aperta al grande tema dellì’internazionalizzazione. Come siete arrivati in rapporto?
Siamo membri della federazione da 30 anni, all’inizio collaboratori sia di Assolegno, sia di Federconlegno: insieme si fanno cose migliori per gli interessi e lo sviluppo della filiera. Ritengo che una casa comune aiuti davvero a lavorare meglio e per il meglio: essere di casa aiuta ad unire gli obiettivi venendosi in contro in un mercato così complesso come quello attuale. Noi siamo di casa da loro tanto quando sono loro con noi, è davvero un rapporto biunivoco in costante crescita. 

 

Un’ultima battuta personale: cosa è per lei oggi lavorare con il legno?
Per me è il mestiere del futuro. Il legno è l’unica materia prima rinnovabile al mondo, non finirà mai. Tutti i fossili e gli altri prodotti prima o poi finiscono, mentre il legno continua a crescere ed è davvero il materiale del futuro, sia per le costruzioni ma anche per applicazioni che oggi ancora non ci immaginiamo ma che ben presto ci troveremo davanti. Ad esempio, io già oggi vedo benissimo il legno come un sostituto della plastica in molti ambiti quotidiani. Questa grande materia prima, se ben gestita, davvero ci garantirà il futuro oltre ad averci garantito il passato essendo stato il primo materiale usato dall’uomo.