Intervenuto ieri all’assemblea di Ucimu, Giorgio Squinzi ha lanciato un forte monito al sistema interconfederale: “In questi giorni avrò un incontro con i segretari dei sindacati nazionali e li metterò spalle al muro. Così non si può andare avanti. Stiamo correndo un grave rischio. Il governo ha preso di mira i sindacati e anche la nostra associazione: sono corpi intermedi da eliminare. Se il sindacato non si dà una mossa e non si adegua alla velocità dei ritmi dell’economia reale rischia seriamente. Abbiamo fatto degli accordi, quello sulla rappresentanza è stato firmato due anni fa, ma non siamo ancora riusciti a scrivere il testo interpretativo. Serve un discorso serio per trovare insieme soluzioni per evitare un intervento del governo che sarebbe drammatico e significherebbe la fine del sindacato”.



Durante il suo mandato, che è entrato nell’ultimo anno, Squinzi ci ha abituato a poche ma significative parole. Quando si è pronunciato su temi delicati lo ha sempre fatto con chiarezza e decisione. E anche questa volta, nel suo stile, è chiaro e deciso. Ma c’è qualche passaggio del suo discorso di ieri che merita di essere approfondito, anche perché si pone in continuità con quello che scriviamo da tempo.



Fondamentalmente, i punti chiave del suo discorso sono tre, ma in particolare il primo:

Il Presidente di Confindustria vuole una stretta sul modello contrattuale. Squinzi è uomo d’impresa e viene da una federazione (quella dei chimici) tra le più capaci in materia di contrattazione. Sa che alcune federazioni, tra cui proprio quelle dei chimici, in questo momento sono frenate dalle Confederazioni: siccome Cgil, Cisl, Uil e Confindustria non hanno ancora rinnovato l’accordo generale del 2009 scaduto nel 2013, le federazioni – pur in presenza di intese – non rinnovano gli accordi di settore, cosa che comunque potrebbero fare in autunno anche in assenza di accordo interconfederale. Sulle ragioni di questo ritardo abbiamo già scritto. Il monito del Presidente degli Industriali è quindi rivolto anche ai suoi.



Da tempo Squinzi richiama il sindacato circa i decreti attuativi del Testo Unico sulla Rappresentanza del 10 gennaio 2014: si è ancora molto lontani dal mandare a regime le regole della rappresentanza, questo perché il sindacato deve “contarsi” e in molti casi alcune federazioni (di tutte le sigle) non raggiungono il 5%. Questo spiega il perché, soprattutto in casa Cisl, molte federazioni si stanno fondendo l’una con l’altra: l’ultimo esempio è la First, il nuovo soggetto sindacale dei bancari.

Davvero Squinzi teme un intervento del governo che possa significare la fine del sindacato? Squinzi sa bene che, se i sindacati non si danno una svegliata, il governo procederà con una legge – per quanto “morbida” – sulla rappresentanza. Ma resta sempre minaccioso il fantasma del “salario minimo”. Su questo anche gli industriali hanno dei timori: se i minimi salariali vengono decisi dalla legge, che interesse avranno le imprese a ricorrere ai Ccnl?

In sintesi, le parole di Squinzi non possono che essere un richiamo alle parti sociali in particolare per la stretta finale sul modello contrattuale. Sarebbe un segnale importante, anche per il governo in funzione dei ddl rappresentanza e salario minimo. Se entro l’estate non si arriverà a un’intesa, a quel punto il Presidente avrà motivo di liberare la formula chimica.

 

In collaborazione con www.think-in.it

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