Molti analisti hanno recentemente corretto al ribasso le previsioni di crescita dell’Italia per il 2016: dallo 1,6% allo 1,2%, mediamente, con un ultimo trimestre 2015 deludente. Questa svolta pessimistica delle stime economiche ha risentito molto della crisi della Cina e della previsione su suo minor assorbimento di materie prime perché mette in difficoltà le economie esportatrici, in particolare Germania e Italia nell’ambito dell’Eurozona. Ha pesato, poi, l’incertezza dei mercati finanziari, in estate, e la sensazione che sia finito il ciclo espansivo iniziato, globalmente, nel 2009 e che sia in arrivo tra il 2017 e il 2018 una recessione, ipotesi sostenuta da un numero crescente di economisti.
Ma in questi giorni ci sono stati segnali che permettono ottimismo. Il più importante è arrivato dalla Banca centrale statunitense, la Fed: alzerà i tassi, ma stando attenta a non soffocare la crescita dell’economia statunitense che al momento è la locomotiva principale della domanda globale. Il mercato finanziario ora ha indicazioni precise e ciò riduce l’incertezza.
Anche la Bce ha dato un segnale rassicurante: a fronte di dati che mostrano la lentezza della ripresa nell’Eurozona ha fatto capire in modo credibile che è pronta a fare tutto quello che è necessario sul piano monetario per sostenere l’espansione economica. Semplificando, la combinazione dei due eventi indica che l’euro resterà basso sul dollaro e ciò favorirà l’export europeo e italiano e l’importazione di investimenti da aree non-euro, bilanciando in parte la contrazione della domanda globale.
Un altro dato molto rilevante viene dalla (geo)politica: America, Cina e Russia non sono in condizioni interne tali da potersi permettere divergenze e, almeno per un po’, tenderanno a collaborare per evitare guai con riverberi globali. Questo è l’esito degli incontri tra Obama e Xi Jinping e, presso l’Onu, tra Obama e Putin. In particolare, la Cina ridurrà la sua aggressività, pur temporaneamente, in cambio di un aiuto dell’America per sostenere la stabilizzazione dell’economia cinese, probabilmente assorbendo più export da Pechino.
La probabilità di crisi dell’auto tedesca dovuta alla truffa di Volkswagen, che implica un rischio per i fornitori italiani dell’industria tedesca che vale quasi un punto di Pil, è molto minore di quanto ora si teme.
In conclusione, con questi nuovi dati lo scenario italiano migliora: entrata in accelerazione nel 2016 con una prospettiva di finirlo con una crescita del Pil oltre lo 1,5%. Di più se il governo riuscisse veramente ad avviare le detassazioni promesse.