Spesso i pazienti ricoverati sono solo un numero ed è sempre difficile dare aiuto,conforto e dialogare con loro come persone. Gli ospedali hanno un lodevole orientamento a curare e fornire prestazioni mediche(condizione necessaria per raggiungere risultati di cura, riabilitazione), ma hanno difficoltà organizzative a sviluppare servizi olistici che curano corpo, mente e “anima”. Queste componenti sono spesso decisive per chi soffre.



AVO (Associazione Volontari Ospedalieri) nasce per umanizzare il percorso dei pazienti e da 40 anni è “la mano che aiuta, l’orecchio che ascolta, la parola che conforta e convince”. I quasi 30.000 volontari dell’AVO offrono il loro servizio (3milioni di ore circa) in 338 ospedali, 149 case di riposo, 151 Rsa, 31 hospice ed altre strutture dei 360 comuni italiani. A Milano da 25 anni l’AVO offre servizi al Don Gnocchi ed all’ospedale S. Paolo, da 35 anni all’ospedale Niguarda; è parte integrante dell’assistenza del Policlinico. Nei Pronto Soccorso o nei Poliambulatori di molti ospedali italiani, spesso, si avvicina un volontario AVO (70% donne,30% uomini) che ti accoglie, ti spiega, ti aiuta ad essere una persona che soffre con dignità. Hanno un camice bianco con la scritta AVO e un tesserino di riconoscimento; spesso sono chiamati “dottoressa” o “dottore” e ciò evidenzia il desiderio di sapere e l’esigenza di conforto delle persone sdraiate su un letto di fortuna o di un reparto. E sono tutti volontari, anche coloro che gestiscono l’associazione contraddicendo la dibattuta considerazione che le strutture, per stare in piedi, devono anche avere dipendenti. E’ una sfida che ci auguriamo regga per il futuro.



A Milano l’AVO si organizza nella continuità dei servizi offerti tramite il lavoro di gruppo, creando un “team” di volontari che si dedicano ad organizzare ed a gestire. A capo di questa realtà milanese c’è una ”donna del bene” che, gentilmente, anima e supporta l’associazione; decide e contemporaneamente contratta con la direzione dell’ospedale un nuovo allacciamento di una linea telefonica per l’AVO; partecipa a convegni senza protagonismo, ma con il giusto rilievo che si deve dare a chi ha la responsabilità di circa 800 volontari. Maria Saraceno è la presidente dell’AVO di Milano che è in 11 ospedali ed ha una segreteria di sede; due volte l’anno vengono programmati corsi per nuovi volontari che permettono di coprire il turnover di 140/150 entrate/uscite (nel 2014 sono state erogate oltre 100.000 ore di presenza). Ha la serenità e l’intelligenza organizzativa di chi desidera giocare il ruolo di volontaria come un “dover essere” sociale, di chi crede che il volontariato è per gli altri, ma anche per sé in una logica di scambio virtuoso.



E’ convinta che i volontari che fanno gruppo hanno risultati migliori di chi lo fa da singolo. Appartenere ad AVO vuol dire assumere lo “stile AVO”. “E bisogna andare avanti con la convinzione che fare del bene come volontariato è un modo di dare valore aggiunto al sistema. In logica collettiva e comune senza indulgere all’intimismo. ”Ma la bontà al femminile è diversa da quella al maschile?”. ”Sì perché la donna è più disponibile a praticare i valori e i sentimenti e butta il cuore oltre l’ostacolo con maggiore determinazione”.

Inoltre Maria Saraceno ha uno stile manageriale che oscillla dal familiare all’istituzionale, con la capacità di capire quando è necessario scegliere l’uno o l’altro. ”E le rinunce?”. ”Sì: a qualche mostra, a qualche film”. Ha smesso di sciare, ma ha messo sugli sci i tre figli; camminate in montagna che hanno preso il posto dei corsi di ginnastica dolce in palestra.

Ed il suo fascino organizzativo? Sorridente,disponibile, e pronta all’ascolto. Essere una “donna del bene”, come Maria Saraceno, vuol dire stare al proprio posto senza cadere nell’anonimato, praticando il sano protagonismo di chi, con convinzione, vuole raggiungere risultati utili per gli ammalati. Senza fermarsi all’estetica, ma con la concretezza di chi è convinta che umanizzare le strutture di ricovero e ospedaliere è l’obiettivo dell’attività istituzionale e associativa dell’AVO che richiama “i principi di fedeltà ai valori umani e cristiani”. Con laicità e in modo apartitico. Declaratoria rituale dello statuto?No: un modo diverso di fare e dare salute.