Le previsioni correnti sulla crescita del Pil italiano nel 2016 oscillano tra l’1,2% e l’1,6%, ma le più recenti non escludono una recessione. La ripresa, infatti, ha rallentato il ritmo nel secondo semestre 2015 e ciò fa ipotizzare un’entrata in decelerazione nel 2016. C’è veramente il rischio di recessione? Non si può escluderlo perché la turbolenza geopolitica è in aumento e la domanda globale resta in contrazione sia per la caduta del prezzo del petrolio, che riduce le importazioni di molte nazioni produttrici, sia per la fine della prima espansione della Cina che ne diminuisce l’assorbimento di materie prime, mettendo in crisi gli esportatori.



Ma i venti di guerra, pur soffiando più forte tra Arabia e Iran, Russia e Nato, è più probabile restino aria perché c’è un interesse di tutti a non superare il limite. Certamente il 2016 sarà segnato dalla centralità della questione russa: in crisi economica e finanziaria profonda, Mosca è indotta ad aumentare l’aggressività esterna per mantenere la coesione sociale interna, situazione che sarebbe prudente raffreddare. Ma bisogna notare che Putin sta cercando più un riconoscimento dall’Occidente che uno scontro aperto con esso, pur alla “russa maniera”. Inoltre, il mercato globale del petrolio e delle materie prime, pur depresso, non sembra diretto verso un crollo totale.



In sintesi, il traino esterno del Pil italiano sarà mediocre e incerto, ma non sparirà. Tale scenario porta l’attenzione sulla crescita del mercato interno, molto influenzata dall’azione del governo. Nel 2015 l’occupazione è aumentata meno che nel 2014 e questo è un brutto segnale di rallentamento della ripresa che indica una notevole inefficacia concreta dell’azione stimolativa del governo. Anche il debito è aumentato più del Pil e, nonostante le promesse governative, continuerà la medesima tendenza nel 2016, esponendo l’Italia a un ritorno del problema della sua affidabilità quando la Bce terminerà nel 2017 il programma di acquisto dei titoli di debito, ma che il mercato inizierà a scontare già nell’autunno dell’anno in corso. Tuttavia, pur nello scenario di rallentamento della ripresa e di cumulo di nuovi rischi, la fiducia degli italiani resta elevata, anche se recentemente in lieve calo, e ciò fa ipotizzare che il rallentamento stesso sarà contenuto e non grave.



In conclusione, se il governo, pur inefficace la sua stimolazione economica, non farà errori depressivi, per esempio aumentare altre tasse e costi sistemici, possiamo aspettarci un 2016 stagnante, ma non recessivo. Visti i tempi non sarebbe una cattiva notizia.

 

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