La crescita del Pil tra lo 0,7% e lo 0,8% nel 2015 e le proiezioni incerte per il 2016 tra l’1,4% e sotto l’1% potrebbero dare un’immagine sbagliata dell’economia italiana: una nazione in declino che non ce la farà. L’immagine veritiera è ben diversa: un sistema industriale a vocazione manifatturiera unico al mondo per la diffusività delle imprese, la loro capacità innovativa e competitività nei mercati globali.



Recenti analisi fatte da fondi d’investimento mostrano che la crisi recessiva non ha intaccato strutturalmente il potenziale industriale italiano. L’Italia resta la seconda potenza manifatturiera/esportatrice in Europa, dopo la Germania, e la quinta nel mondo dopo Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania. In alcuni settori dell’economia tecnologica è sul podio globale: robotica, sistemi biomedici, sensori, tecnologie spaziali, sistemi per l’agricoltura e per l’alimentazione, ecc. Pertanto, la giusta domanda sull’economia italiana è come facilitare un maggiore sviluppo industriale affinché liberi di più e più velocemente il proprio potenziale espansivo e innovativo.



Bisognerebbe mettere in priorità la politica industriale? Così si recita da anni nei convegni, ma per lo più in forma di vaghe buone intenzioni. Bisognerebbe, invece, chiedersi quali modernizzazioni specifiche del sistema potrebbero facilitare lo sviluppo industriale di nuova generazione. Prima di tutto serve una rete di banda ultralarga, in fibra ottica, che generi un nuovo “tecnoterritorio” fatto di connettività istantanea tra tutto e tutti. Ciò permetterebbe di mettere sul mercato sistemi fantascientifici basati su una supertecnologia dell’informazione già in elaborazione nei laboratori universitari e aziendali, accelerandone la creazione e l’ulteriore sviluppo competitivo e commerciale globale (oltre a star meglio qui).



Priorità parallela è facilitare un mercato dei capitali d’investimento, ora inesistente, che finanzi le aziende con formule non-bancarie e potenzi Borsa italiana, ora nana in relazione alla quantità di aziende operanti e quotabili. In generale, si tratta di usare di più l’enorme massa di risparmio italiano, tra i più grandi al mondo, per investimenti sull’industria italiana, considerando che oggi quasi niente trova un tale impiego.

Sulla rete ci sono buone notizie e i soldi, il governo dovrebbe solo accelerare il progetto. Mentre al riguardo dello sviluppo di un mercato degli investimenti si nota un’iniziale consapevolezza, ma non ancora un progetto sistemico. Accelerare anche questo farebbe dell’Italia una delle locomotive tecnologiche e finanziarie del pianeta.

 

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