Aumenta il potere d’acquisto delle famiglie, ma l’andamento delle imprese è ancora altalenante. È quanto emerge dalla Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana pubblicata dall’Istat. Nel terzo trimestre 2015 il potere d’acquisto delle famiglie è aumentato dell’1,4% rispetto al trimestre precedente. Aumenta però anche la propensione al risparmio (+0,9%). Nel comparto manifatturiero invece manca ancora una crescita decisa. A ottobre produzione industriale e fatturato aumentano rispettivamente dello 0,5% e dell’1,9%, ma a novembre diminuiscono dello 0,5% e dell’1,1%. Ne abbiamo parlato con Guido Gentili, editorialista ed ex direttore de Il Sole 24 Ore.



Nel complesso come valuta la situazione economica dell’Italia alla luce della Nota dell’Istat?

Questi dati confermano quanto è emerso giovedì dalle previsioni d’inverno della Commissione Ue. La traiettoria della crescita italiana è deludente, perché passiamo dal +0,8% del 2015 al +1,4% previsto per il 2016. A colpirmi è stato però soprattutto l’arretramento previsto per il 2017, con il passaggio all’1,3%.



Come si colloca l’Italia nel panorama europeo?

A fare peggio di noi è soltanto la Finlandia, la cui crescita è pari allo 0,9%, mentre tutti gli altri, compresa la Grecia, ci sono ampiamente davanti. Al netto delle difficoltà di carattere internazionale, evidentemente l’Italia continua a soffrire di una malattia che dura ormai da tanti anni. Nei momenti di crisi paghiamo un prezzo più alto degli altri, mentre quando c’è la ripresa cresciamo molto di meno. È un punto molto importante che l’Istat conferma.

Per quanto lenta, dobbiamo comunque aspettarci che la ripresa continui?

Anche nell’analisi della Commissione Ue si afferma che la ripresa in Italia è destinata a continuare, grazie al fatto che è sostenuta dai consumi delle famiglie, mentre invece non si vede ancora l’inversione di tendenza da parte delle imprese.



Da che cosa dipende la fragilità della ripresa italiana?

La fragilità della ripresa italiana consiste nel fatto che non riesce ancora ad attecchire nel mondo delle imprese. In sede di politica economica, vanno riviste le scelte che sono state fatte alla luce di quanto sta avvenendo. Bisogna spingere di più per abbassare la pressione fiscale e per rimuovere i laccioli burocratici che gravano sulle imprese. Sono tutti punti sui quali il nostro governo è già impegnato, ma quanto è stato fatto finora non basta. Occorre fare molto di più e non possiamo affidarci soltanto alla ripresa dei consumi. Dobbiamo tenere conto del fatto che la deflazione, comportando un abbassamento dei prezzi, scoraggia le stesse attività produttive.

L’aumento del reddito disponibile in Italia si traduce in un aumento dei consumi?

Non tutto l’aumento del reddito disponibile si traduce in maggiori consumi, ma una parte continua a essere destinata al risparmio. Questo ci consente di accendere una luce sui provvedimenti che sono stati fatti. Per esempio, il bonus da 80 euro, la detassazione sulla prima casa, i 500 euro a chi compie 18 anni si rivelano insufficienti.

 

Per quali motivi?

Se andiamo a leggere i dati Istat, emerge che non tutti questi interventi si traducono in una spinta della domanda. Per non parlare del fatto che il sistema bancario attraversa un momento molto complicato per le sofferenze, che già di per sé rappresentano un blocco del credito. Le stesse imprese d’altra parte non chiedono prestiti per fare investimenti, e senza di questi non possiamo immaginare che l’economia possa ripartire davvero.

 

(Pietro Vernizzi)