Performance contrastante per i dati di commercio al dettaglio e fatturato e ordinativi dell’industria pubblicati giovedì mattina dall’Istat. Nel mese di gennaio 2016 il commercio al dettaglio è rimasto invariato rispetto a dicembre 2015, ma è calato dello 0,8% come valore e dell’1,6% come volume. Il fatturato dell’industria registra un incremento dell’1% rispetto a dicembre 2015 e un calo dello 0,3% rispetto a gennaio 2015. Gli ordinativi crescono invece dello 0,1% rispetto a gennaio 2015 e dello 0,7% rispetto a dicembre 2015. Nel frattempo il bollettino della Bce contiene un chiaro monito per l’Italia: “I Paesi con alti livelli di indebitamento sono particolarmente vulnerabili a un rialzo dell’instabilità nei mercati finanziari, per il nesso ancora forte tra conti pubblici e settore finanziario. Inoltre, la loro capacità di adattamento a possibili shock avversi è piuttosto limitata”. Ne abbiamo parlato con Luigi Campiglio, professore di politica economica all’Università Cattolica di Milano.



Partiamo dai dati sul commercio al dettaglio. Lei come li interpreta?

La dinamica del commercio al dettaglio, zero virgola a parte, è ferma rispetto al mese precedente mentre diminuisce rispetto allo stesso mese del 2015. Ciò documenta che nel mese di gennaio non è in atto una ripresa dei consumi. Si registra una crescita soltanto per giocattoli, sport, campeggio, prodotti per la casa e ferramenta. A parte questo il commercio al dettaglio langue. 



Rispetto a dicembre invece il fatturato dell’industria aumenta dell’1%. Perché questa diversa tendenza rispetto al commercio?

Perché si tratta di due mondi che viaggiano a due velocità differenti. Anche nel caso dell’industria però la dinamica è sostanzialmente analoga. Tenuto conto che il tasso di inflazione è pari allo 0%, l’incremento di fatturato e ordinativi è comunque molto modesto. È quindi difficile fare ragionamenti su numeri piccoli. C’è la solita crescita dei mezzi di trasporto, che ormai dura da più di un anno e che è legata a un rinnovo del parco circolante che evidentemente era stato ritardato negli anni più difficili della crisi.



Lei come legge il +1,6% registrato dal fatturato dei beni strumentali rispetto al mese precedente?

Il +1,6% è un numero che incomincia a essere interessante. È possibile che anche in questo caso stia avvenendo qualcosa di simile rispetto al settore dell’auto. Questo dato potrebbe segnalare che i macchinari sono vecchi e le imprese sentono il bisogno di cambiarli. Gli stessi beni di consumo durevoli registrano un +1% di fatturato.

Nel frattempo il bollettino della Bce mette in guardia i Paesi come l’Italia con un livello di indebitamento elevato. È il solito monito di rito o qualcosa che va preso sul serio?

È un’ovvia considerazione. Il richiamo della Bce rimanda all’anno e mezzo durante il quale è avvenuto l’attacco speculativo internazionale ai danni del Sud Europa, a partire dalla Grecia e poi anche di altri Paesi tra cui l’Italia. Ci sono stati momenti in cui i differenziali dei tassi erano diventati molto elevati, Questa nuova dichiarazione della Bce tende a mettere le mani avanti rispetto al rischio che una situazione del genere possa ripetersi. I possibili effetti però non riguardano soltanto i conti pubblici …

In che senso?

Se ci sono famiglie e imprese indebitate, una crescita della volatilità come è accaduto fino all’altro ieri produce effetti particolarmente dolorosi. Rischia infatti di aggiungere un premio di rischio e diventare un costo aggiuntivo.

 

Può fare un esempio?

Poniamo una famiglia che si è indebitata per acquistare l’auto. Anche se sono disponibili offerte vantaggiose per l’acquisto di auto nuove, è importante che i consumatori guardino ai tassi effettivi. Alcuni di questi tassi sono veramente alti, viaggiano magari intorno al 6%. Quindi anche l’acquisto di un’auto può diventare impegnativo e accrescere l’indebitamento di una famiglia. Molto dipende dal tipo di contratti in essere e se il loro pagamento può essere o meno anticipato. Spesso inoltre un lavoratore che rimane disoccupato poi non riesce a pagare il mutuo.

 

(Pietro Vernizzi)