Sono circa 92.000 le imprese che, in Europa , producono, nella meccanica, beni strumentali. Base per l’industrializzazione di qualsiasi paese sviluppato o in via di sviluppo, il machinery ha nel vecchio continente una fortissima tradizione che gli assicura ancora il primo posto tra i produttori e i consumatori mondiali. Anche l’Italia in questo settore è fortissima, seconda dopo i tedeschi ma di gran lunga avanti rispetto ai follower francesi e inglesi.
Il 25% delle imprese del settore risiede in Italia, paese caratterizzato da realtà medio piccole, basti pensare che è italiano un terzo delle imprese europee con meno di venti dipendenti. In generale, le imprese europee della meccanica strumentale che superano i 20 addetti non sono più di 10.000. Questi numeri la dicono lunga sulla tipologia e sulla struttura dell’industria europea, e anche italiana, dimostrando quanto sia importante, in un’epoca di globalizzazione e di sviluppo delle nuove tecnologie digitali, attivare un ragionamento concreto su processi di sviluppo e crescita che abbiano impatto sulle stesse organizzazioni e sui processi produttivi. Se poi guardiamo all’Italia, le imprese – tutte, non solo quelle del bene strumentale – per lo più Pmi a proprietà e gestione familiare, stanno cercando oggi di ripartire dopo essere state duramente provate dalla più grande crisi mai registrata dal dopoguerra.
In questi anni di difficoltà, alcune aziende non ce l’hanno fatta e sono uscite dal mercato, chi ha resistito ed è sopravvissuto lo ha fatto cercando nuovi clienti in nuovi paesi con nuovi prodotti. L’export ha sostenuto la nostra manifattura e, infatti, l’industria italiana del bene strumentale che destina oltre confine più del 70% della produzione, ha meglio reagito alla negativa congiuntura. D’altra parte è chiaro che la competitività di queste aziende permane fino a quando continueranno ad operare innovazioni che arrivano “dal basso” cioè dalla capacità di rispondere con immediatezza alle esigenze del cliente ingegnerizzando il mezzo di produzione e riuscendo a connettere le tecnologie che già utilizzano con le nuove tecnologie, principalmente digitali, capaci di permettere la soddisfazione di bisogni, sempre più complessi, dei clienti in tempi ogni volta più compressi.
Differente è la situazione per altri settori del manifatturiero che, dopo questo lungo periodo di difficoltà, faticano a rialzare la testa anche perché si ritrovano oggi con macchinari obsoleti, avendo interrotto gli investimenti in macchine utensili durante la crisi. Da sole, queste aziende, non possono farcela a finanziare lo sviluppo e rispondere in modo corretto alle sfide che il mercato propone. Si perché è lo sviluppo e l’aggiornamento dei propri apparati produttivi e, dunque, dei sistemi di produzione, la chiave per il mantenimento della competitività del manifatturiero. Una recente indagine pubblicata dal Centro Studi di Ucimu, l’associazione che rappresenta il settore della macchina utensile e cioè il primo gradino della filiera produttiva, restituisce una fotografia realmente allarmante per l’industria italiana che rischia di arretrare rispetto ai concorrenti stranieri.
Nell’ultimo decennio, le fabbriche italiane, hanno visto crescere di 2 anni l’età media del parco macchine utensili installato risultata pari a circa 13 anni: il peggior risultato di sempre. Questo significa che il processo di ammodernamento dei mezzi di produzione nel nostro Paese ha rallentato, paurosamente, il proprio cammino. Siamo allora di fronte al combinato disposto di sostenere il miglioramento tecnologico delle imprese collegandolo alla evoluzione organizzativa imposta dalla rivoluzione digitale. Cosa si può fare? Il primo provvedimento è quello di non fermare, così si sta comportando anche il Governo francese, i provvedimenti che hanno guidato la ripartenza delle imprese: Nuova Sabatini e Superammortamento. In attesa anche di azioni più forti, sicuramente è essenziale che le imprese manifatturiere italiane che acquisiscono beni tecnologicamente avanzati e/o connessi al miglioramento dei propri processi produttivi possano godere, su tutti gli ordini ricevuti nel 2017, con consegne fino al 30/6/18, dei vantaggi legislativi già ora in vigore.
Se volessimo analizzare di “cosa” si tratta, potremmo suddividere il campo in tre vaste aree:
-beni strumentali: è lo spazio più direttamente collegato alla concezione di 4.0 in quanto riconducibile a beni il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati e gestito da opportuni sensori;
-software: è necessario per la progettazione avanzata e in grado di permettere, oltre alla rapida progettazione, lo sviluppo e la soluzione virtuale del controllo comportamentale, durante l’attività, di prodotti ad alto valore aggiunto nonché di dettarne le azioni;
-comunicazione e scambio dati: sono essenziali i sistemi di interconnessione, con i relativi software/hardware, per la gestione delle informazioni senza le quali sarebbe impossibile operare. E’ anche ragionevole pensare che, mentre per i beni strumentali, Nuova Sabatini e Superammortamento siano insostituibili, per le aree software e scambio dati si potrebbe agire con la misura del credito di imposta.
Tecnicalità, queste, che conosce bene chi opera negli organi di governo e dialoga costantemente con i rappresentanti del mondo reale, come sta facendo l’attuale amministrazione. Siamo certi che le nostre istituzioni non faranno mancare le misure a sostegno dell’attività di impresa proprio ora che il paese sta ripartendo. .