La logistica italiana è chiamata e essere un tassello competitivo di un’Azienda-Italia 4.0″ e deve rispondere anzitutto ristrutturandosi al proprio interno: cercando e creando nuovi valori competitivi da utilizzare sia per la crescita dei singoli operatori, sia per il consolidamento e lo sviluppo delle piattaforme distributive di un sistema-Paese connesso con l’economia globale. “Il nostro settore si presenta ancora molto frammentato e sotto molti aspetti destrutturato – dice Renzo Sartori, consigliere delegato di Number1, gruppo leader in Italia nella distribuzione del grocery e forte di oltre il 15% di quota di mercato nel logistica integrata per i beni di largo consumo.
Ingegner Sartori qual è il bilancio intermedio del 2016 per Number 1?
Positivo per la crescita del fatturato, in linea con i traguardi di medio termine che ci siamo posti quando abbiamo realizzato lo spin-off di Number 1 dal gruppo Barilla. Contiamo di confermare il segno più a fine anno, anche se la ripresa non è ancora a pieni giri e nel settore restano segnali di debolezza e instabilità al di là del basso ciclo congiunturale.
A cosa si riferisce?
Stanno emergendo ad esempio situazioni di irrigidimento sindacale, soprattutto sul fronte delle cooperative che lavorano per i gruppi maggiori. Sono un momento di tensione, fra altri, che ha la sua origine strutturale nella morfologia storica della logistica italiana: nella quale aziende in molti casi non dimensionate faticano a reggere le pressioni che la supply chain genera sia a monte che a valle. Se la logistica vuole produrre margini economici adeguati – anche a investire nel proprio sviluppo – deve uscire dalla logica della sopravvivenza e imparare a conquistarli nel confronto competitivo con i suoi utenti. E questo è possibile solo con un aumento strutturale delle dimensioni delle aziende e con veri passi in avanti nell’offerta di servizi di qualità. La logistica è un business specifico e complesso, sempre più a valore aggiunto. Sbaglia chi lo considera sinonimo di “trasporto” o di “infrastrutture”- La logistica odierna è invece mix di processi organizzativi caratterizzati da dosi sempre più massicce di tecnologia. E non è più un settore per micro-aziende.
Assologistica ha deciso di uscire da Confetra, la confederazione nazionale delle aziende di trasporto: è un passo verso la possibile costruzione di una cornice contrattuale autonoma per il settore?
Se ne parla da anni e il contratto nazionale della logistica è un’ipotesi che presenta una credibilità sempre più forte. La logistica può e deve diventare un luogo economico nel quale aziende realmente competitive possono modulare nei termini più corretti il costo del lavoro, nelle diverse declinazioni professionali. La logistica non può essere il settore dove lavorano gli schiavi del ventunesimo secolo. E’ già invece un settore nel quale giovani laureati italiani trovano in Italia uno sbocco occupazionale adeguato al loro merito. Quello del “lavoro logistico” è uno dei temi sui quali abbiamo cominciato a parlarci in rete fra grandi operatori: restiamo concorrenti, ma questa è una fase di trasformazione in cui il mercato deve saper individuare i suoi interessi condivisi.
Quale ruolo possono recitare i piani nazionali della logistica?
Finora hanno avuto impatti molto limitati. Nel settore fatichiamo a ricordare se ci sia un piano attivo e quali siano le sue guidelines. E nessuno dei piani recenti ha superato l’equivoco di base: la convinzione che una politica industriale orientata alla logistica consista nell’investire in porti, aeroporti o altre infrastrutture. La costruzione di un interporto può essere importante ma da sola non promuove lo sviluppo della logistica. Number 1 pochi mesi fa ha inaugurato nell‘hub di Parma nuove linee robotizzate: ma non siamo gli unici del settore a inseguire l’innovazione. Con altri gruppi sosteniamo l’Osservatorio del Politecnico di Milano. Il made in Italy ha filiere più strategiche di altre: penso all’intero agroalimentare. Ed il sistema-Paese ha sue specificità: ad esempio la riorganizzazione della distribuzione sostenibile nei centri storici delle città più o meno grandi. La risposta efficiente alla domanda di nuovi servizi logistici è compito delle imprese: che devono investire. Per investire di più e meglio devono aggregarsi. E se il governo vuole davvero aiutare la crescere la logistica dovrebbe incentivare le azienda in questo processo di ricomposizione del settore