Su quale base concreta possiamo appoggiare la speranza dell’Italia di più crescita economica diffusa nel 2017 e dopo? Certamente la riparazione del sistema bancario – ancora segnata da difficoltà, ma in atto – e un aggiustamento (a marzo) senza impatti depressivi della Legge di bilancio imposto dall’Ue per ridurne l’eccesso d’indebitamento saranno fatti rilevanti. Tuttavia, il probabile – perché in caso contrario ci sarebbe una destabilizzazione dell’Eurozona – loro buon esito eviterebbe un peggioramento della situazione nazionale, ma non sarebbe necessariamente una leva di spinta per la crescita futura, con l’importante eccezione di un rimbalzo molto forte dei corsi azionari di Borsa italiana depressi nel 2016 a causa del deprezzamento delle banche.



La prospettiva di una convergenza tra America e Russia, che riaprirebbe all’export italiano la seconda per la fine delle sanzioni e sarebbe un fattore di stabilizzazione del Mediterraneo, a favore della ripresa di questo mercato regionale dove l’Italia ha una posizione centrale, è un altro fattore rilevantissimo. Ma lo scenario in materia è ancora così incerto da dover inserire questo tema nel capitolo dei desideri, o degli obiettivi futuri di politica estera italiana che in materia ha una certa capacità d’intervento e di mediazione, e non in quello delle basi concrete per l’ottimismo.



Possiamo aspettarci qualcosa di buono ed espansivo dall’Ue? Improbabile in generale, e in particolare in un anno elettorale in Germania dove la politica vorrà rassicurare elettori preda di stereotipi negativi nei confronti degli europei meridionali che non vi sarà alcun cedimento sul piano del rigore.

Possiamo aspettarci qualcosa di buono e di nuovo dalla politica economica nazionale? Il drenaggio di risorse necessario per le azioni dette in apertura lo rende improbabile. Ma se il governo manterrà gli incentivi varati da quello precedente a favore del programma Industria 4.0, che facilita gli investimenti delle aziende in modernizzazione, anzi “futurizzazione”, tecnologica, allora potremo concretamente sperare in un rilancio competitivo del sistema industriale italiano, con un effetto positivo di breve termine grazie alla ripresa degli investimenti di settore, ma con beneficio diffuso.



L’accordo di collaborazione, poi, tra Confindustria e Sindacati promette una trasformazione dei modelli aziendali senza conflitti, con attenzione alla qualificazione del personale e all’assunzione, in parecchi settori, di nuovo e giovane. Questo rinascimento industriale è la novità concreta che giustifica un forte ottimismo.

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