Qui a Rho Pero, visitando l’Artigiano in fiera, si sente ogni minuto lo stesso commento: “Ma la vera Expo è questa qui!”. Peraltro, i visitatori che stanno affluendo quest’anno, se spalmati su sei mesi, rappresenterebbero quasi il doppio delle presenze all’Expo 2015. Antonio Intiglietta, lei che di tutto questo è il fondatore e il promotore, si sente soddisfatto? «Sì». Antonio Intiglietta, l’imprenditore di origini pugliesi che guida la società organizzatrice, la Gefi, e che 22 anni fa si è inventato questa manifestazione, con l’ansia dei pionieri: “Ma le gente verrà?”, può ben dirsi soddisfatto. La sua sfida, la sua ambiziosa e un po’ visionaria idea di rilevare, ma con una profonda metamorfosi di modello, l’eredità della mitica Fiera Campionaria, ha avuto successo: «Ci fa piacere l’accostamento che tanti in questi giorni fanno con l’Expo, ma vede, noi continuiamo a lavorare non solo in questi dieci giorni: il nostro lavoro è permanente, e consiste nel costruire una comunità di uomini al lavoro in grado di valorizzare l’identità di ognuno dentro l’unità di una proposta che cerca di affermare l’io attraverso il proprio lavoro. L’Artigiano in fiera e la piattaforma di e-commerce Artimondo, con i collegati progetti di internazionalizzazione, sono il tentativo di dare un passo nuovo di sviluppo a quelle microimprese di tutto il mondo che ne hanno bisogno e o meritano per poter comunicare e crescere».
Una sua sintesi tecnica di questa edizione?
È uno spaccato delle arti e dei mestieri del mondo, che vede una presenza del tutto comprensiva, inclusiva e direi esaustiva dell’Italia e dell’Europa e una presenza molto significativa dei paesi asiatici, anche questa importante, di tutto il comparto dell’America Centrale e del Sud e una buona rappresentanza del Nord America, certo meno e rilevante sul piano dimensionale perché quell’area ha meno cultura artigianale. E non manca una bella testimonianza dell’Oceania. In 3250 stand, si ha davvero l’idea delle arti e dei mestieri del mondo.
Una novità di quest’edizione che le sta a cuore?
Indubbiamente, il fatto di aver inaugurato anche la presenza dell’Iran dà ancora più spessore all’internazionalità dell’evento. Lo stand dell’Iran qui in fiera nasce da un profondo rapporto di amicizia con gli iraniani e in specie col ministro dell’artigianato e della cultura, con cui c’è stima reciproca e amicizia. Abbiamo voluto prendere molto sul serio quest’opportunità, e abbiamo una presenza bella, significativa, densa… con eccellenze mondiali straordinarie, dal pistacchio allo zafferano, al caviale, in tutto il mondo rappresentano le produzioni migliori di un Paese che è poi più occidentale che asiatico, sotto tanti punti di vista.
Più di una fiera, insomma?
È il nostro lavoro, la nostra speranza. Vorremmo che questa nostra fiera diventasse sempre di più il ponte verso culture che vengono da tutto mondo, si mettono in connessione con noi, e da questo nascono collaborazioni di ogni sorta. Esiste sotto traccia un costante e fertile incrocio tra artigiani italiani e stranieri. Un esempio? In Tunisia c’è un bravissimo giovane artigiano che intaglia in legno d’ulivo che poi, dopo la creazione, ritratta con olio, ottenendo un risultato davvero speciale. E viene qui a vendere i suoi prodotti al suo stand, ma anche a collaborare con un nostro artigiano, umbro, che rifinisce i prodotti tunisini con gusto italiano lavorando fianco a fianco con lui. Quando l’ho incontrato nel laboratorio a Tunisi m’ha detto: sono felicissimo per la collaborazione nata con questo collega… Ecco: noi costruiamo ponti, e la centralità di questi ponti è data dalla persona al lavoro, al suo lavoro, che cerca attraverso il lavoro di dare un senso e un significato alla propria vita e un suo contributo alla comunità.
Quanto è condivisa la percezione che queste giornate di folla non siano soltanto una fiera ma qualcosa di più?
La vita ti fa capire che senza la relazione con il tuo prossimo non ti compi. L’esperienza de l’Artigiano in fiera mette al centro la persona che lavora dentro una comunità di artigiani che comunicano nel mondo e con il mondo. Ho fatto una lettera per i nostri artigiani proprio per riflettere su quello che stiamo facendo insieme.
E cosa ha scritto?
Che l’esperienza di questa fiera ci dimostra che questa personalità e identità che ognuno comunica attraverso il suo lavoro, con il suo senso estetico, la sua sensibilità, la sua manualità, ha bisogno di ritrovarsi in un insieme. Da soli non ce la si fa a comunicare e realizzarsi appieno, c’è sempre bisogno – anche quando si fanno le cose molto bene – di un contesto, di una relazione che ci aiuti a essere noi stessi, c’è bisogno di una comunità, non basta essere bravi, e la fiera è appunto l’aggregarsi di una comunità, che genera a sua volta una grande valorizzazione del dinamismo di ciascuno. È naturale, per l’artigiano, correre il rischio dell’individualismo, cioè del confondere la realizzazione della propria identità con l’individualismo, che è invece quel che frena la vera crescita. L’Artigiano in fiera e Artimondo mettono invece la persona dentro un contesto dove cerchi l’originalità, in una piattaforma dedicata, dove la centralità del rapporto e della comunità sono il dato essenziale per lo sviluppo dell’io.
I numeri sembrano essere quelli di uno straordinario successo…
Sicuramente siamo in crescita, pur essendo stato il 2016 l’anno di picco massimo in 22 anni di storia, quest’anno cresceremo anche di più. Ma al di là del totonumeri, alla fine cercheremo di indicare un dato di sintesi che costruiremo con alcuni indicatori innovativi.
Ma in cuor suo come si spiega tanto successo? Certo, ci sono un’infinità di cose belle da vedere, da mangiare, da acquistare. E poi?
È che qui non solo si passa una giornata, o una settimana, gradevole e interessante ma si va via un po’ più pieni di quando si è arrivati. Anche quello che si compera non lo si vive secondo una semplice logica consumista, più prendo più riempio. Si sente che quel che si porta via ha un valore che resta. Non ci si compie comprando, ma condividendo un senso.
Oggi la Fiera sembra un fiume in piena di persone, che da Porta Est a Porta Ovest vanno e vengono, s’incontrano, parlano, si divertono…
Mi chiede perché? Perché il passaparola si ingrana tra le persone, in un’estensione che non è ormai né milanese né lombarda, per le giornate de l’Artigiano in fiera arrivano pullman dal Centro-Nord d’Italia, che si fanno anche tre o quattro ore di viaggio all’andata e al ritorno… Sta nascendo un fenomeno, quello della centralità della persona al lavoro che esprime tutta la sua umanità, che crea la condizione ottimale per esprimere la sua creatività, la sua solidarietà. Che fa rivivere anche ai giovani – in questi giorni ce ne sono una marea -, quella che una volta era la campionaria, solo che noi al centro abbiano posto la persona, non più la tecnologia.
(Sergio Luciano)