Lunghe trasvolate di spola fra Italia e Cina, attorno al 1992: viaggi di lavoro, viaggi di scoperta di un mercato nuovo, che allora appena si apriva: anche per le macchine utensili italiane. Ore e ore passate a discutere di un’azienda che non aveva e non avrebbe mai cessato di cambiare, di reinventarsi: anche per il passaggio generazionale che in quei voli cominciava a maturare. “Io all’epoca non ero ancora certo che il mio futuro sarebbe stato dentro l’impresa che mio padre aveva fondato”, ricorda oggi Ivano Gerardi Jr, responsabile commerciale del gruppo omonimo. L’altro passeggero era appunta Ivano Senior (nella foto a sinistra assieme al figlio), che oggi ha 83 anni ma è ancora amministratore unico del polo che ha come base Lonate Pozzolo, poco lontano dall’aeroporto di Malpensa.



Nei primi anni ’90 Ivano junior stava studiando Economia e commercio alla Cattolica di Milano (dove si è è laureato con una tesi su “Strumenti informatici nell’industria meccanica”). La Gerardi esisteva già da una ventina d’anni Ivano senior l’aveva fondata dopo un tirocinio assolutamente non comune per l’epoca. Appena conseguito il diploma di perito meccanico era partito per il Nord America, trascorrendo quasi una ventina d’anni fra Stati Uniti e Canada (il figlio è nato a Toronto). Si specializza nelle rettifiche di precisione, lavora per alcune aziende aeronautiche. Quando torna in Italia, la neonata Gerardi muove i primi passi come conto-terzista, ma si ritrova subito a navigare contro il vento della prima crisi petrolifera. Le macchine appena comprate sono ferme, ma non l’intraprendenza del fondatore: subito in chiave di innovazione. Progetta e costruisce una morsa, ma già con dentro un valore aggiunto tecnologico che quarant’anni dopo è ancora alla base della competitività Gerardi.



“Morse modulari di precisione” (nella foto sopra) Morse interamente rettificate, a pezzi intercambiabili. Morse concepite per lavorare affiancate. Soprattutto: morse in acciao, non in ghisa. Morse più costose, ma morse con più qualità dentro. morse diverse dalle altre. Morse che sono finite dentro il programma spaziale cinese (Gerardi è fornitrice di Avic, il colosso aerospaziale di Pechino, ma anche di Aermacchi e Agusta). Ma prima di sfondare nel Dragone e di rendere sostenibile quella quota forte di export (fino al 70% del fatturato, in 50 paesi) che tuttora fa di Gerardi un gruppo leader a livello globale è stato costruito, i due Ivano di strada ne hanno macinata molta. “Nel 1979 mio padre partecipo’ a un’Emo – ricorda Gerardi Jr -, sapeva bene l’inglese e cominciò lo sviluppo internazionale”. Gli impetuosi anni ’80 portano un deciso aumento del fatturato: gli impianti lavorando a ciclo continuo, dalla Gerardi escono nuovi accessori (testine angolari) e rettificatrici innovative.



Ma la fine del decennio segna una fase di passaggio: “Fu a una fiera in India che mio padre, sempre brillante e creativo non meno che rivoluzionario, capì che la struttura dei costi produttivi andava ripensata e che l’internazionalizzazione del gruppo andava accelerata”. India e Cina rappresentano oggi i capisaldi della Gerardi globalizzata: quella che ha visto il secondo Ivano  (in basso nella foto in stabilimento) scendere decisamente in campo a fianco del primo, “senza fare esperienze fuori azienda, senza aspettare di avere trent’anni col rischio di sentirmi alla fine troppo vecchio ed avendo ormai ben capito quale era la mia missione”.

La condivisione dell’impegno imprenditoriale è stato e continua ad essere tante cose in una. Ha voluto dire sviluppare una joint venture in Cina – diventandone ora pieni controllori – attraversato il ventennio della modernizzazione cinese. Ha voluto dire sbarcare in India, in Germania, negli Stati Uniti a Chicago. Ha voluto dire impiantare un nuovo stabilimento a Lonate Pozzolo per la produzione di testine angolari. ha voluto dire portare gamma dei prodotti a 10mila articoli Ha voluto dire aumentare l’organizzazione a 200 collaboratori (di età media inferiore ai 40 anni). Ha voluto dire assumere e formare, anche negli ultimi tempi – nuovi giovani giovani tecnici, “per disegnare attrezzature e macchine che soddisfino il cliente italiano come quello internazionale”. Ha voluto dire portare al 10% del fatturato le spese di ricerca.