L’ipotesi più strampalata – ma quindi, attenzione, anche la più verosimile – è che il governo Gentiloni rinnovi tutte le nomine importanti nei consigli d’amministrazione-chiave tra i 150 del mondo dell’economia pubblica che scadono ad aprile, ma che lo faccia per un solo anno. Interpretando, con ciò, in modo alquanto estensivo il concetto, per altri versi già molto discusso, adottato da alcuni governi passati quando consapevoli che la loro naturale scadenza coincideva con quella dei consigli delle aziende pubbliche, per cui diventava più elegante e corretto lasciare spazio ai nuovi entranti nella scelta delle nomine.



Sarebbe una scelta codarda come più d’una di quelle già fatte dal governicchio di controfigure che la dipendenza da un Pd ormai dissolto, ma a Montecitorio ancora renziano, tiene al guinzaglio. Attenzione: sul rinnovo di Starace all’Enel nessuno ha niente da ridire, e anche su quella di Descalzi all’Eni, nonostante l’inchiesta contro di lui per il giallo delle tangenti nigeriane, perché la difesa che lo tutelerebbe qualora il Gup di Milano accogliesse la richiesta di rinvio a giudizio depositata dalla Procura di Milano è retta da una delle avvocatesse più quotate d’Italia, Paola Severino, ex ministro della Giustizia, ed è imperniata su argomenti ed elementi molto solidi. Clamorosa sarebbe invece la conferma di Mauro Moretti alla Finmeccanica – che proprio lui ha inutilmente sturciato in “Leonardo” – dopo la condanna di primo grado intervenuta a suo carico per la strage dell’incidente ferroviario di Viareggio.



Poi c’è il caso Poste: Francesco Caio ha ben operato e fino a poco tempo fa il rinnovo pareva scontato, poi l’intervento del Sottosegretario Giacomelli contro la seconda tranche di privatizzazione della società, seguito da più di una conferma informale da parte di altri autorevoli esponenti del governo ha congelato tutto. Se non c’è la seconda tranche, Caio resta o Caio va? I più sperano che resti, per la banale motivazione che le Poste oggi funzionano.

Altra incognita, la Cassa depositi e prestiti. Impossibile stabilire se le voci sui continui attriti tra il presidente Claudio Costamagna e l’amministratore delegato Fabio Gallia siano autentiche o infondate, certo è che a Siena, dove l’imminente intervento dello Stato porterà il Montepaschi in acque più calme ma in mano pubbliche, molti si chiedo se non sia il caso di sostituire Morelli, distintosi per aver trasmesso ai più la sensazione che “l’anchor investor” disposto a sorreggere la ricapitalizzazione “privata” ci fosse e fosse pronto, lì, con i soldi in bocca, ma non era vero. E allora come può restare lì chi si era fatto mallevadore di una simile, onirica prospettiva?



Ebbene c’è chi dice che a Siena l’uomo giusto potrebbe essere proprio Fabio Gallia – ex capo-azienda in Bnl – e il posto da costui liberato in Cassa potrebbe essere offerto al renziano Matteo Del Fante, oggi capo di Terna (molto bravo). E a Terna? Forse Caio, in caso di una sua sostituzione alle Poste e di una sua disponibilità (ma chi lo conosce bene esclude un suo sì in simili scenari). E al posto di Moretti? C’è chi fa il nome di Lorenzo Simonelli, un innesto dal privato – oggi è a capo di General Electric Oil and Gas, un giovane giramondo, figlio di un padre imprenditore ed ex presidente della Camera di commercio italiana a Londra.

Ma fermiamo qui il già fin troppo lungo toto-nomine. La cronaca illustra che, scadendo i consigli in carica per il triennio 15-17 con le prossime assemblee di bilancio che si svolgeranno nella maggior parte dei casi tra fine aprile e giugno, entro aprile il governo dovrà depositare le sue liste elettorali per le successive assemblee e quindi designare i successori. Ed è qui che – direbbe Totò – casca l’asino. Quando tre anni fa le nomine le firmò da solo, Renzi raccontò di aver scelto “nomi di valore”, con obiettivi “ambiziosi” e molte donne. Che effettivamente ci sono: le presidenti di Eni Emma Marcegaglia, di Enel Patrizia Grieco e di Poste Lucia Todini stanno lì a dimostrare che “si può fare”. Una delle rare occasioni per lodare il governo Renzi.

Il quale invece non merita lodi di sorta se si pensa all’ennesima occasione perduta, la riforma dei criteri di nomina. “Desidero augurare buon lavoro ai nuovi vertici di Enel, Eni, Finmeccanica e Poste italiane”, aveva detto tre anni fa il premier, come sempre per lodare se stesso. “Sono particolarmente soddisfatto – aveva continuato l’allora presidente del Consiglio – per la forte presenza femminile, segno di un protagonismo che chiedeva da troppo tempo un pieno riconoscimento anche da parte del settore pubblico, in linea, anzi all’avanguardia, rispetto alle migliori esperienze europee ed internazionali”. Contento lui: le quote rosa vanno bene, ma le quote-qualità?