Se crescono le imprese cresce il Paese. Almeno su questa elementare ma non scontata verità il governo ha deciso di scommettere accogliendo l’invito di Confindustria a partecipare a un road show nelle principali città italiane per spiegare agli imprenditori che è venuto il momento di abbandonare le lamentazioni e rimboccarsi le maniche, perché adesso gli strumenti per investire ci sono e vanno utilizzati.
La prima tappa di quello che si annuncia come un percorso nuovo è stata ospitata a Napoli, che diventa così città simbolo dell’atteso riscatto meridionale come componente essenziale della ripresa economica nazionale. Un segnale di non poco conto dopo le polemiche nei confronti della politica romana da parte delle istituzioni locali e in particolare del Comune che non perde occasione per lanciare strali.
Per dare il segno dell’importanza attribuita all’appuntamento sono intervenuti il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, i ministri dell’Economia e del Mezzogiorno Pier Carlo Padoan e Claudio De Vincenti, il sottosegretario allo Sviluppo economico Ivan Scalfarotto, che si sono confrontati con trenta aziende e quindici fondi d’investimento più Bei, Cdp, Simest, Sace, piattaforma Elite.
Una così grande e pesante concentrazione di attori – produttori, finanziatori e regolatori – non si vedeva da tempo e forse mai si era vista al Sud. Si sono raccolte testimonianze, confrontate esperienze e scambiate promesse di collaborazione in un clima di fiducia che raramente assiste questo genere di riunioni. Per verificare se l’esperimento è riuscito bene bisogna naturalmente attendere i risultati.
Su un punto l’intera platea si è mostrata d’accordo: essere piccoli non è più bello come una volta si credeva e si diceva, perché il mercato oggi premia volumi adeguati alla concorrenza e organizzazioni in grado di sfidare la complessità di un sistema sempre più globale e interconnesso. Non è più una sorpresa, ma sono migliaia le realtà del Sud pronte a spiccare il salto dimensionale e culturale che serve. In particolare, il tema svolto ha riguardato la possibilità di diventare grandi senza per forza di cose ricorrere all’indebitamento bancario come l’assenza al tavolo delle istituzioni creditizie ordinarie dimostra. Ciò che serve è il capitale in tutte le sue forme e questo non manca per chi sa accettare la sfida del cambiamento e uscire dal guscio della famiglia. Ce n’è per tutte le taglie e tutti i gusti. Basta saper scegliere.
L’osservatore attento ha potuto anche riconoscere un nuovo modello di azione da parte di soggetti che di norma s’ignorano o si combattono addebitandosi l’un l’altro la responsabilità del fallimento. È stato adottato un format che altrove è ben conosciuto e ha dato prova di funzionare. Condividere obiettivi ambiziosi e muoversi di concerto non dovrà più essere un tabù. Come si vede, una piccola rivoluzione.
E però… E però c’è un nodo molto stretto e doloroso che occorre sciogliere al più presto se davvero si vorrà passare dalle parole ai fatti. Un nodo che le imprese, unico motore di sviluppo e generatrici di ricchezza, sentono perfino più doloroso dell’alta tassazione. Un nodo allacciato da un impianto normativo e un apparato burocratico avvertiti come limiti a ogni sforzo di miglioramento.