Solo pochi media hanno dato rilievo a un passaggio del discorso di Carlo Bonomi, nuovo presidente di Assolombarda, insediatosi alla Scala di Milano. Bonomi ha prospettato che la centrale degli industriali milanesi – la maggiore fra le territoriiali di Confindustria – promuova una “consultazione” permanente fra le associazioni consorelle del Nord. “Sia chiaro che non proponiamo un nuovo soggetto”, ha avvertito Bonomi, che però ha precisato i due focus sui quali gli industriali dell’Italia settentrionale farebbero bene a riflettere assieme: fisco e politiche attive (si suppone “del lavoro”, ma non è escluso che Assolombarda intenda “politiche industriali” in senso lato).



In attesa di sviluppi concreti, sbaglierebbero coloro che limitassero la portata potenziale dell’apertura di Bonomi allo stretto ambito confindustriale. Sembra facile vedervi una semplice ricaduta interna delle tensioni che attraversano la confederazione: già da prima dell’elezione al vertice di Vincenzo Boccia, di stretta misura sul candidato “del Nord” Alberto Vacchi. La stessa quasi-spaccatura si è avuta poche settimane fa per la designazione di Bonomi in Assolombarda: Bonomi ha prevalso di poco sul brianzolo Andrea Dell’Orto. Non è affatto banale che, al passaggio del testimone con Gianfelice Rocca, Bonomi si sia fatto interprete di una linea “nordista”: sulla carta lera proprio l’industriale milanese dell’elettromedicale a essere il candidato “moderato”, gradito anche alla Confindustria di Boccia, al confronto dello sfidante, portatore di un approccio più critico e aggressivo verso la burocrazia di Viale dell’Astronomia.



Sarebbe riduttivo anche scorgere nel tentativo aperto di dar peso alla dimensione geografica in vista della sistemazione finale del caso Sole 24 Ore: che al momento è una crisi aziendale che va risolta con un aumento di capitale, ma in prospettiva riguarda il controllo di una delle maggiori testate d’informazione del Paese (e l’improvviso delisting deciso dal gruppo Caltagirone Editore – quintessenza della Confindustria romana – ha solo aggiunto elementi di scenario).

Nell’estate 2017, se il leader degli industriali di Milano invita i suoi colleghi “del Nord” a discutere preventivamente tematiche di interesse comune, prima di scendere a Roma per partecipare alle riunioni di Confindustria, sta ponendo una problematica duplice, di primo livello: dentro e fuori Confindustria. Da un lato mette il dito sulla piaga della crisi di un’organizzazione che sembra aver perso il filo della sua doppia mission: rappresentanza esterna degli interessi politico-sindacali della categoria e offerta di servizi alle imprese assiciate. E è in particolare il network territoriale, orizzontale, quello più in sofferenza rispetto a quello “verticale”, delle federazioni di categoria, più agganciate al dinamismo competitivo dei singoli settore.



Ma è sicuramente sul più ampio sfondo politico-sociale che le parole di Bonomi vanno misurate. Proprio quando Confindustria viene giudicata l’emblema di un “corpo intermedio” obsoleto, Assolombarda scuote a sorpresa un albero apparentemente intoccabile per una confederazione ultracentenaria: la dimensione unitaria nazionale. Bonomi negherà sempre di aver delineato una potenziale soft nordexit. Ma è un fatto che mentre il consiglio dei ministri ha varato l’ennesimo “decreto Sud”, gli industriali del Nord pensano di lavorare di più sui problemi economici e imprenditoriali del Nord.