Un Paese che intende ripartire, dopo una grande crisi, deve, anche dai piccoli avvenimenti, trarre ciò che di positivo può essere colto. In questi giorni sono usciti i dati sull’occupazione: 918mila occupati in più rispetto al 2014. Bisogna prendere atto, senza distinguo, che il dato è positivo, indipendentemente dal fatto che ciò derivi completamente o solo in parte dal Jobs Act.



Ciò fa comprendere che la ripartenza italiana non è, come qualcuno sostiene, senza incremento di lavoro; inoltre, l’ingresso di nuove tecnologie non sta assolutamente creando criticità occupazionali, infatti siamo tornati ai numeri del 2008.

Sono altresì convinto che anche il supporto pubblico, connesso alla promozione nel Paese dei contenuti del cosiddetto piano Industria 4.0, abbia concorso a creare voglia di fare impresa, di rischiare per darsi delle reali possibilità di competere su tutti i mercati. E’ naturale che l’acquisizione di nuove tecnologie porterà le aziende a richiedere maggiore qualità all’occupazione. Tutto ciò avverrà se le Autorità di Governo, assieme al rinnovo, almeno per un anno, degli strumenti favorevoli alla visione di aziende più moderne, maggiormente digitalizzate, che impostino, con beni strumentali adeguati, processi produttivi più in linea con le opportunità competitive, studieranno e renderanno operativa la possibilità di un intervento sussidiario nel campo della formazione: chiamiamolo Formazione 4.0.



Penso a uno strumento che permetta il riposizionamento, all’interno delle imprese, di personale che abbia la necessità di adeguarsi alle diverse caratteristiche aziendali e di nuove figure professionali che si affacciano al mondo del lavoro già con le basi per “imparare ad imparare”, per raggiungere la preparazione necessaria alle nuove professionalità che dovranno operare nelle aziende focalizzate a percorrere l’impegnativo cammino di avvicinamento ai canoni che la competizione internazionale impone.

L’incremento di posti di lavoro creatisi in questi anni indica che, se le persone si adegueranno a formarsi per appropriarsi delle moderne competenze, se la scuola concorrerà a preparare, con programmi adeguati, le nuove necessarie professionalità, si potrà arrivare al recepimento completo dei nuovi indirizzi aziendali senza traumi ma esclusivamente passando ad un’occupazione di maggiore qualità.



Si discute se l’Italia, nell’applicare Industria 4.0, debba seguire il sistema tedesco o quello francese. Senza disdegnare di trovare indicazioni operative sia nell’uno che nell’altro, dobbiamo però mirare, con un nostro progetto che tenga conto della conformazione del sistema industriale nazionale, ad un’occupazione di qualità tramite una formazione ad elevati contenuti culturali, tecnologici e organizzativi, con uno sguardo particolare ai giovani, il cui accesso al mondo del lavoro deve essere favorito da un’accentuata decontribuzione anche fino al compimento dei 35 anni e, altresì, mirando a premiare l’impegno dei giovani laureati riconoscendo loro, ai fini pensionistici senza alcuna contribuzione, gli anni universitari.