La normativa europea in materia di biocarburanti, Direttiva 2009/28/CE, prevede che entro il 2020, del totale dei carburanti immessi al consumo, il 10% provenga da fonti rinnovabili. Adriatica Oli, azienda marchigiana che si occupa della raccolta e del conseguente avvio a recupero di oli vegetali esausti, si sta impegnando affinché questi carburanti ecologici vengano prodotti utilizzando gli oli provenienti dalle fritture e dalla conservazione degli alimenti, oli destinati altrimenti a essere dispersi nell’ambiente. Si immagini che ogni anno in Italia vengono prodotte 280.000 tonnellate di oli e grassi esausti che, se raccolti in maniera differenziata, potrebbero essere trasformati in energia o biodiesel.
Un obiettivo portato avanti da Adriatica Oli anche per mezzo dell’associazione di cui fa parte, Ewaba (European Wast Advanced Biofuel Association), che rappresenta aziende in 12 paesi europei e che ha sede a Bruxelles. Dell’executive Board Ewaba, oltre a Giorgio Tanoni, amministratore unico Adriatica Oli e vicepresidente dell’associazione, fa parte anche Michael Fiedler-Panajotopoulos della ditta tedesca Petrotec/Vital Fettrecycling in veste di Presidente dell’associazione. Dal 2012 Ewaba svolge attività di lobbying presso le istituzioni europee al fine di tutelare gli interessi normativi, politici ed economici delle categorie industriali che, a vario titolo, gravitano attorno al mondo dei rifiuti a base biologica.
Il fine dell’associazione è lodevole se si pensa che la Direttiva Europea sta scatenando la corsa ai biocarburanti derivati da piante oleaginose come palma, soia, girasole e colza, con conseguente sfruttamento e occupazione di terre che potrebbero invece essere destinate alla produzione di alimenti. La situazione è articolata e delicata, e oltre a implicare un aumento generale dei costi di alcuni alimenti di prima necessità in paesi spesso del sud del mondo, ha causato l’espulsione di molte comunità dalle loro terre.
Si pensi alle crescenti coltivazioni di palma destinate a fini non alimentari (utilizzo cosmetico e soprattutto energetico) che hanno portato alla distruzione di vastissime aree di foresta pluviale soprattutto in Indonesia e Malesia con il conseguente aumento delle percentuali di carbonio dissolte in atmosfera. Tra il 2001 e il 2014, soltanto nel Borneo indonesiano, sarebbero state rilasciati più di 7,8 milioni di tonnellate di carbonio a seguito del dissolvimento delle foreste. Proprio per questi motivi, il Parlamento scandinavo ha esaminato un rapporto della Fondazione Norvegese per la Tutela delle Foreste Pluviali, e, conseguentemente, ha vietato l’utilizzo di olio di palma come biocarburante sull’intero territorio nazionale.
L’Italia, secondo alcune elaborazioni da parte della Federazione Europea per i Trasporti e l’Ambiente, è il principale utilizzatore di olio di palma per la produzione di biodiesel. Nel Bel Paese si attesterebbero attorno alle seicentomila le tonnellate consumate nel 2014, a cui vanno aggiunte le tonnellate di olio utilizzate come biocombustibile negli impianti di riscaldamento di appartamenti e luoghi di lavoro.
La possibilità di utilizzare gli oli vegetali esausti è al contrario un’alternativa sostenibile e a basso impatto, sia ambientale che sociale, in quanto consente di ricorrere, per la produzione di carburanti, a qualcosa di già esistente e destinato allo smaltimento lasciando così le terre libere. Gli oli usati provenienti dalle cucine sia domestiche che industriali infatti, una volta raccolti e raffinati, possono essere impiegati nella produzione di biocarburanti con il duplice beneficio di recuperare un rifiuto che inquina acque, terreni e falde, trasformandolo invece in nuova energia. Adriatica Oli, durante i 365 giorni dell’anno, avvia al recupero 450 kg di olio ogni ora, utili a produrre biodiesel a basso impatto ambientale.
Dalla ricerca della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile del 2016 è emerso che, se tutti gli oli vegetali usati prodotti ogni anno in Italia venissero trasformati in biodiesel, si risparmierebbero annualmente 790 mila tonnellate di CO2 e 282 mila metri cubi di acqua; si otterrebbe inoltre un risparmio sulle importazioni di petrolio pari a 75 milioni di euro.
Scriveva José Ortega y Gasset: “Io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso“, è questo il dogma imprescindibile che guida da oltre trent’anni Adriatica Oli durante l’esercizio della sua attività d’impresa.