“Non credo che tutto questo sarebbe stato possibile altrimenti. Avevo già provato altre volte, bussando ad altre porte, ad avviare la mia attività, ma non c’ero mai riuscito. Alla Fondazione Alamo invece ho trovato il terreno ideale per piantare il mio seme, la mia idea d’impresa: sviluppare strumenti musicali innovativi per facilitare l’introduzione alla musica”.



Mattia Davide Amico – giovane imprenditore che “inventa” nuovi strumenti tecnologici per facilitare l’introduzione alla musica, anche per un bambino, anche per soggetti con problematiche cognitive – descrive così il rapporto, e i frutti che ha generato, con la Fondazione Alamo, costituita a Milano da un gruppo di amici imprenditori allo scopo di promuovere lo sviluppo economico incoraggiando, sostenendo e realizzando nuove iniziative imprenditoriali.



La Fondazione Alamo punta su due strumenti di scouting: da un lato, una casella mail sempre aperta sul proprio sito (www.fondazionealamo.it), denominata “La tua idea”, dove è possibile compilare un form con campi obbligatori, in cui chi si candida descrive la propria idea imprenditoriale; dall’altro, un contest, il “Premio Alamo” – giunto alla sua seconda edizione, con scadenza per la presentazione dei progetti il 31 ottobre 2018 – rivolto a giovani tra i 18 e i 35 anni di età che vogliano sviluppare un’impresa in ambito manifatturiero e fornitura di servizi e finalizzato alla premiazione di tre progetti imprenditoriali, selezionati da un Comitato di valutazione dopo attenta analisi (per partecipare basta inviare sul sito della Fondazione, nella sezione Premio Alamo, dopo aver letto e sottoscritto il Regolamento e il modulo di adesione, il proprio progetto a info@fondazionealamo.it). Ma soprattutto Fondazione Alamo c’è per affiancare e accompagnare a 360 gradi gli aspiranti imprenditori, con un tutoraggio che si propone di verificare insieme la validità dei progetti, la loro fattibilità e sostenibilità.



Parole di circostanza? Frasi fatte? Tutt’altro, come confermano le testimonianze di alcuni tra i giovani imprenditori che, proprio grazie alla Fondazione, ce l’hanno fatta a realizzare il loro sogno nel cassetto.

Ricaricare le auto elettriche, si sa, non è un’operazione facile, non sempre si riesce agevolmente ad attaccare i cavi. Così Andrea Daminelli e Giacomo Zenoni, entrambi ingegneri e titolari di Dazetechnology, in quel di Bergamo, con il progetto “DazePlug” vogliono realizzare un dispositivo che automatizzi il processo di ricarica dei veicoli elettrici. In pratica, si tratta di installare una presa secondaria sotto l’auto e utilizzare un robotino che automaticamente, una volta posizionata la vettura in un garage, provvede ad attaccarsi alla presa effettuando la ricarica, senza alcun intervento umano.

Il progetto – con cui Daminelli e Zenoni vincono la Start Cup Bergamo, una competizione che favorisce la nascita e lo sviluppo di nuove idee d’impresa provenienti dal territorio bergamasco – può prendere corpo solo con l’intervento di Fondazione Alamo. “Sono stati gli unici ad aiutarci concretamente – racconta Daminelli -. Abbiamo infatti ottenuto un finanziamento che ci ha consentito di avviare il progetto. Il loro contributo è stato fondamentale, non ci hanno fatto perdere tempo, anzi ci hanno dato proprio una bella mano, in modo serio, non solo a parole. Hanno talmente creduto nella nostra idea che Fondazione Alamo è entrata con il 10%, senza mai chiederci o imporci nulla. Anzi, ci hanno anche aiutato a collaborare con Enel X”.

Oggi “Dazeplug” presenta diversi prototipi, l’ultimo dei quali, a livello molto avanzato, con Bmw, realizzato seguendo i requisiti richiesti dalla casa automobilistica tedesca. “Abbiamo a disposizione una i3 – aggiunge Daminelli – su cui stiamo installando il nostro caricabatterie automatizzato e presto lo sperimenteremo sul campo, prima qui a Bergamo e poi sul circuito di Vallelunga. Un test di sei mesi. Senza Fondazione Alamo, oltre al finanziamento iniziale, molto utile, avremmo sicuramente dovuto affrontare tempi più lunghi e maggiori difficoltà”.

Dalla tecnologia alla musica digitale. Mattia Davide Amico, studi in composizione elettronica presso il Conservatorio di Como per poi concludere il suo percorso formativo in nuove tecnologie multimediali presso il Conservatorio di Milano, dopo essersi occupato per anni di musica e tecnologie musicali, si presenta, da solo, alla Fondazione Alamo con un prototipo della sua “tavolozza musicale”. Si chiama “Kibo”: un oggetto in legno che traduce le note musicali in forme geometriche, un gioco sonoro montessoriano che aiuta a sviluppare le capacità visive, tattili, uditive e mnemoniche del bambino. Il suo sogno? Produrre nuovi strumenti musicali tecnologici capaci di facilitare l’introduzione alla musica, anche per soggetti con problemi cognitivi.

“Con Fondazione Alamo – racconta Amico – abbiamo iniziato un percorso di valutazione che è durato un anno. Incontri continui per mettere a fuoco tutti i problemi al fine di poter arrivare all’industrializzazione della mia idea. Fondazione Alamo mi ha aiutato a individuare i fornitori giusti, a studiare i preventivi, a fare il business plan”.

La risorsa interna messa a disposizione dalla Fondazione crede a tal punto nel progetto che si coinvolge direttamente nell’avventura, così nasce Kodaly. La fase di accompagnamento si chiude e Kodaly è pronta a consegnare alle realtà educative interessate una cinquantina di prodotti. “La scocca in legno e la parte elettronica di Kibo sono tutti made in Italy”, dice Amico, che lo ha presentato al Meeting di Rimini: una postazione con due “tavolozze” attive che “ha riscosso grande successo tra i bambini, i loro genitori e anche tra i giovani volontari del Meeting”.

Che cosa ti ha colpito di Fondazione Alamo? “Ha dimostrato un’attenzione al progetto non superficiale, attenta a ogni dettaglio. Ho incontrato interlocutori con competenze di alto livello. E soprattutto la Fondazione mi ha messo a disposizione un network di persone grazie alle quali ho trovato ciò di cui avevo bisogno. Non è stato un lavoro facile, ma certamente ho imparato molto”.

Non solo tecnologia, però, nei progetti sostenuti da Fondazione Alamo. Perché un’idea d’impresa può camminare anche su un… gambo. Almeno così la pensano Giovanni Mazzucotelli e Maria Cazzaniga: studenti di agraria, lui con la voglia di mettere in piedi un’attività florovivaistica che gli permetta di mantenersi (per i suoi 18 anni riceve dal nonno una serra, sulla strada che da Lecco sale verso la Valsassina) e lei grande appassionata di cucina. La loro scommessa? Creare dei giardini con piante speciali belle (da vedere) e buone (da mangiare). Un 50% del business di Res Naturae (è il nome dell’attività intrapresa) fiorisce così. Il restante 50%, invece, deriva dal rabarbaro. “In Italia è una pianta poco conosciuta e poco coltivata, ma affascinante” spiega Mazzucotelli. E i due decidono di specializzarsi nella produzione di questa pianta con le foglie imponenti, i fiori e i gambi succosi dal sapore aspro e dolce allo stesso tempo. Nasce così nel 2015 Rabarbaro Italiano, che ha il vanto di essere l’unico marchio italiano specializzato in rabarbaro, e le varietà coltivate sono sette.

In questa storia come entra in campo la Fondazione Alamo? “Ad un certo punto – ricorda Mazzucotelli – ci aveva preso l’idea di chiudere, non ce la facevamo più. Troppi problemi di motivazione e di organizzazione. Invece, proprio grazie a Fondazione Alamo, abbiamo lavorato per mesi raccogliendo e analizzando dati e idee. Tantissime idee, molte delle quali purtroppo sono rimaste nei cassetti perché difficili o improbabili da realizzare. È stato un rapporto intenso, andato ben al di là dei supporti concreti che abbiamo ricevuto. Fondazione Alamo ci ha aiutato a rilanciare la nostra passione imprenditoriale, a riscoprire il desiderio che avevamo dentro, spingendoci a spostarci, ad aprire nuovi campi. Con pazienza e tanta esperienza ci hanno tirato su il morale. E ne ha tratto beneficio anche il nostro modo di rapportarci con il vivaio e con il rabarbaro. Abbiamo scoperto logiche gestionali e manageriali che per noi laureati in Agraria erano sconosciute”.

Risultato? “Questo è un anno sfortunato, dal punto di vista meteorologico, ma sappiamo che con la natura bisogna fare i conti. Eppure, nonostante il fatturato non sia cresciuto e nonostante mille contrattempi, siamo più tranquilli, abbiamo uno spirito diverso, prospettive nuove e nuovi rapporti con la clientela. Ecco perché – conclude Mazzucotelli – ci sentiamo di ringraziare la Fondazione Alamo: ci ha chiarito dove vogliamo andare, qual è il nostro punto di arrivo. E questo ci ha fatti diventare più resilienti davanti alle difficoltà”.

Insomma, con Fondazione Alamo al proprio fianco, parafrasando Claudio Chieffo, “cammina l’imprenditore quando sa bene dove andare”…