“Liberare l’impresa dagli idoli” titolava IlSussidiario commentando l’intervista che Papa Francesco ha concesso a settembre all’allora direttore del Sole 24 Ore, Guido Gentili. Dignità del lavoro, gratuità più che ricerca ossessiva del profitto, costruzione del bene comune, rispetto delle persone e dei beni materiali: su queste basi Papa Francesco chiamava gl iimprenditori e l’economia a una “conversione”. Conversione che gli artigiani cercano ogni giorno di vivere, realizzando con fatica e passione cose belle e utili, a tutti e a ciascuno, attenti alla qualità e all’originalità. “L’artigiano è un inno al lavoro”, commenta oggi Gentili. Che aggiunge: “L’artigianato riveste sicuramente un ruolo fondamentale per il tessuto economico dell’Italia, perché rappresenta un accumulo di conoscenze, di expertise e di valori che sono propri di un Paese come il nostro a piccola imprenditoria diffusa con un eccezionale valore di prodotti spesso di nicchia ma di estrema qualità, che hanno saputo imporsi sui mercati di tutto il mondo”. Gentili, che nel frattempo è diventato direttore editoriale del Gruppo 24Ore, non ha dubbi sulla forza economica di una foresta che, nonostante la crisi, resta fitta e rigogliosa: in Italia, tra le micro imprese, più di 1,3 milioni sono artigiane (fonte Unioncamere, 2017) e occupano 3 milioni di addetti (fonte Confartigianato, 2017). Un settore che, oltre a salvaguardare e valorizzare un patrimonio inestimabile di arti e mestieri, rappresenta una proposta occupazionale e imprenditoriale valida per il presente e per il futuro. “Inoltre – ricorda Gentili – proprio sul terreno dell’artigianato si gioca anche una partita, dal punto di vista sociale, molto inclusiva, perché l’artigianato rappresenta il tessuto connettivo dell’economia italiana a livello locale. E questo è indice del rafforzamento dei legami sociali sul territorio, anche di carattere familiare”.



Nella sua bellissima intervista a Papa Francesco si parlava del lavoro come ambito che conferisce dignità all’uomo. Non le sembra che l’artigiano, con la sua “intelligenza delle mani”, esprima bene questa traiettoria di uno sviluppo integrale dell’uomo, protagonista del suo lavoro?

Assolutamente, e questo si riallaccia al tema dell’inclusione cui accennavo prima. E’ il lavoro che fa la dignità della persona, questo è il grande messaggio che Francesco ci ha consegnato con quell’intervista. E’ un inno al lavoro, e da questo punto di vista gli artigiani sono in primissima fila in termini di inclusione e, come ricorda il Pontefice, anche nell’orgoglio di sapersi guadagnare il pane facendo i conti con la bellezza, con la fatica, con la realtà e non con la finanza.



Innovazione e internazionalizzazione sono due sfide oggi ineludibili. Come può affrontarle il mondo dell’artigianato? Fiere e e-commerce sono strumenti utili?

Sì, sono senza dubbio strumenti utili, perché oggi dobbiamo guardare in faccia la realtà e la realtà ci dice che siamo in un’economia globale, molto interdipendente, anche se in questo momento si stanno profilando forti limitazioni a livello commerciale mondiale. La rivoluzione digitale, con tutto quel che significa il mondo dei social network, a cui è facilmente possibile accedere, può aiutare anche le piccolissime imprese artigiane a crescere, perché apre orizzonti diversi e più larghi, consentendo una comunicazione più facile e più capace di colpire nel segno con nuove ed efficaci strategie di marketing. Anche le rassegne, come l’Artigiano in Fiera in corso in questi giorni a Milano, sono un’occasione di confronto e di visibilità molto stimolanti.



Nonostante la sua forza, anche l’artigianato sta incontrando delle difficoltà: in media ogni giorno in Italia chiudono più di 50 attività artigianali. Come si può rilanciare l’impresa artigiana?

Si può rilanciare, innanzitutto, con politiche di ambiente, di contesto economico favorevole allo sviluppo dell’impresa. Penso alla burocrazia, una delle zavorre con cui le imprese fanno i conti tutti i giorni, o al sistema fiscale, ancora troppo oneroso sia come adempimenti che come aliquote: una maggiore attenzione a questi due carichi, quelli burocratici e quelli fiscali, renderebbe più facile la vita dell’artigiano e della sua attività.

Gli artigiani cercano disperatamente nuove leve. Ma in Italia la formazione professionale è un po’ sottovalutata e la disoccupazione giovanile è molto elevata. Non sono “sprechi” che non ci possiamo permettere?

Il tema della formazione professionale, e in generale quello del raccordo tra scuola e lavoro, tra università e impresa, è purtroppo molto sottovalutato. Abbiamo fatto qualche passo avanti negli anni scorsi, ma in questa manovra, attualmente all’esame del Parlamento, non emergono segnali forti in tal senso. Il tema invece è decisivo, perché significa affrontare con forza il nodo delle competenze e delle qualifiche professionali, poi spendibili nel mercato del lavoro. Tutto ciò sta alla base della crescita del nuovo artigianato e può essere una risposta efficace anche alla disoccupazione giovanile.

All’Artigiano in Fiera è stata lanciata un’iniziativa a favore dell’Africa, gettando un ponte, una collaborazione fondata proprio sul lavoro. L’artigianato, oltre che inclusivo, è anche un potente fattore di integrazione e di aiuto allo sviluppo?

Certamente sì. Lo abbiamo sperimentato proprio in Italia come tenuta e ricchezza del tessuto connettivo locale, perciò sono convinto che è una formula che può tranquillamente essere esportata anche altrove, ad esempio in Africa, dove, alla luce dei flussi migratori attuali e futuri, si cerca di spostare gli investimenti e le occasioni di lavoro e di sviluppo. E’ un terreno fertile su cui l’artigianato italiano può giocare delle carte importanti.

(Marco Biscella)

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