Si è celebrata a Torino la giornata che ha incoronato il progetto di Industria 4.0 come il più utile e vitale per l’economia del Paese. Protagonista il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda che ha potuto illustrare i risultati della misura alla presenza del collega Pier Carlo Padoan e del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni (che ha concluso i lavori) davanti a una platea di un migliaio di persone tra imprenditori e professionisti.



Sul palco anche il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e i rappresentanti dei tre principali sindacati in attesa di sbloccare il Patto della fabbrica che appare sempre pronto per la firma, ma sul quale la Cgil continua a mostrare perplessità non condivise dalle altre sigle. Ma questo è un paragrafo dentro a un capitolo in un libro del quale manca ancora il finale. Cadranno i pregiudizi quando si vorrà premiare la fiducia contro la diffidenza.



Industria 4.0, dunque, è servita a far crescere le imprese nel solco dell’innovazione e più in particolare della digitalizzazione. Tutte le imprese, è stato chiaro dalle slide proiettate: le grandi ma anche e soprattutto le piccole e medie. Segno di un cambio di passo, prima di tutto culturale, di chi ha capito che restare immobili in mezzo al guado è il modo migliore per affogare anche in acque poco profonde. Le imprese hanno reagito. E hanno colto l’occasione degli iper e dei super ammortamenti, del credito d’imposta, della nuova Sabatini, dei contratti di sviluppo e di altri strumenti minori per mettere le proprie aziende al passo della concorrenza internazionale. E non è stato un caso se le esportazioni nel 2017 sono cresciute sull’anno precedente dell’8% facendo meglio di molti concorrenti europei. 



Ora l’intenzione è di proseguire lungo lo stesso cammino. Calenda è stato rassicurante affermando che l’impianto della sua legge è così solido che difficilmente verrà scardinato dal governo che verrà. Si mostra ottimista e forse ha ragione. Ma alcune promesse elettorali non fanno presagire nulla di buono e c’è bisogno di molta accortezza per evitare che si smonti quello che ha dimostrato, alla prova dei fatti, di funzionare premiando in modo automatico chi ha creduto nel Paese investendo.

Dopo l’ammodernamento delle fabbriche occorre che anche la Pubblica amministrazione si metta al passo e che si dia impulso a quelle infrastrutture di cui il Paese ha bisogno per meglio connettersi al suo interno e collegarsi al mondo. Non avrebbe senso compiere sacrifici e miglioramenti dentro i cancelli per poi perdere tutti i benefici una volta varcati i loro confini. E occorre fare le cose nei tempi giusti, semplificando.

Quello prima del ricorso alle urne non è certo il momento migliore per aspettarsi proposte sensate e ragionevoli, che traggano spunto dal senso di responsabilità e non mirino solo alla difesa degli interessi di bottega. Tuttavia è proprio qui che si misurerà la differenza tra coalizioni, partiti e candidati. E sarebbe giusto premiare chi saprà sottrarsi alla tentazione del massimalismo mostrando il coraggio, sempre più raro, della verità.