L’Istat ha comunicato ieri la stima preliminare del Pil dell’ultimo trimestre del 2017, cresciuto dello 0,3% sul trimestre precedente e dell’1,6% su base annua. Nella media, dunque, il Pil ha fatto registrare lo scorso anno un aumento dell’1,4%, un dato che non si vedeva dal 2010. Il Governo contava su una crescita dell’1,5% e la previsione non è stata centrata (salvo il dato definitivo che verrà comunicato a marzo) «perché c’è stato un qualche rallentamento nell’ultimo trimestre, dovuto probabilmente al rafforzamento dell’euro sul dollaro, che ha influito sulle esportazioni e sulle forniture ad altri paesi Ue che esportano, come la Germania. In ogni caso l’1,5% è inferiore alla media europea, oltre che alle possibilità e alle necessità che abbiamo», ci dice Francesco Forte, economista ex ministro delle Finanze. 



Quale sarebbe la crescita giusta per le nostre necessità?

Il nostro ideale sarebbe poter crescere dell’1,8-2%: in questo modo riusciremmo a creare più occupazione. Un tasso di crescita dell’1,5%, infatti, non assicura un grande incremento dell’occupazione, perché c’è un margine di crescita della produttività che può sostituire l’aumento dei posti di lavoro. Che andrebbero perlopiù a beneficio dei giovani.



Come potremmo arrivare a una crescita del 2%?

L’economia italiana è trainata dalle esportazioni, mentre gli investimenti, in particolare pubblici, restano al palo. Il settore immobiliare-edilizio e delle opere pubbliche ha livelli di crescita molto bassi, in alcuni casi negativi. Per avere un Pil in aumento del 2% bisognerebbe semplicemente avere un impulso nel settore delle costruzioni. Al momento è come se una gamba dell’economia fosse bloccata.

In Germania IgMetall ha ottenuto un importante rinnovo dei contratti di lavoro che prevede anche un aumento dei salari. Anche il nostro Pil potrà trarre giovamento da un aumento della domanda interna tedesca…



Certamente l’espansione tedesca aiuterà la nostra crescita, perché l’Italia è fornitrice della Germania non solo di beni intermedi per le sue esportazioni, ma anche di beni di largo consumo, tra i quali spiccano generi alimentari, mobili, tessile e abbigliamento. E poi avremo anche più turisti tedeschi nel nostro Paese. Un miglioramento di prospettiva ci sarà. 

L’euro si è rafforzato molto negli ultimi mesi nei confronti del dollaro e, come lei ha evidenziato prima, questo non ha aiutato il nostro export. Secondo lei, la situazione cambierà?

Sono convinto che l’euro scenderà sul dollaro, anche per via di un rialzo dei tassi Usa. Siamo però sempre alle prese con due handicap: uno è la ripresa zoppa, perché come ho detto prima c’è una gamba che non si muove bene, l’altro è il fatto che il mercato del lavoro e quello delle opere pubbliche sono rigidi e quindi non abbiamo quella flessibilità che occorre per catturare gli impulsi espansivi. In più ci sono tassazioni pesanti che non aiutano. È quindi difficile crescere più del 2%. Se però si riuscisse a liberalizzare un po’ l’edilizia e a detassarla ne trarremmo giovamento.

Ha detto che questa crescita non aiuta a ridurre la disoccupazione. Serve almeno a migliorare i conti pubblici?

Da questo punto di vista è più che sufficiente. Se c’è un tasso di inflazione dell’1,5% si arriva a una crescita nominale del Pil del 3%. Con un deficit di bilancio all’1,5% del Pil, automaticamente il debito pubblico scende. È così anche più facile fare il cosiddetto taglio della spesa, che potrebbe benissimo consistere in un mancato aumento della stessa. 

(Lorenzo Torrisi)