Confindustria Padova e Unindustria Treviso dopo un anno di serrato lavoro portano all’Assemblea degli associati la proposta di integrazione in un’unica Associazione che si chiamera’ Assindustria Veneto Centro. Si trattera’ della seconda organizzazione in Confindustria, dopo quella di Milano, con 3.300 imprese e quasi 160.000 addetti. L’occasione pero’ si legge e viene presentata  nell’ambito di un grande fermento nel mondo industriale e produttivo, tanto e’ vero che le due associazioni propongono il tema del “Nuovo Triangolo Industriale italiano” nel cuore dell’Europa. “Con Bologna e Milano” ricorda Maria Cristina Piovesana, Presidente del ramo trevigiano della nuova Associazione “rappresenteremo il 25% di Confindustria”. “E il peso e’ peso” dira’ piu’ tardi, cercando di dissipare i dubbi della stampa sul rapporto di armonia con Confindustria e la conformita’ della scelta al “disegno Pesenti” di semplificazione organizzativa della piu’ importante associazione imprenditoriale del paese. 



Ma resta il fatto che all’occasione partecipano Carlo Messina, Vincenzo Boccia e i Presidenti di Assolombarda e di Confindustria Emilia Area Centro. Non e’ un evento regionale, e’ un passaggio di un processo culturale e industriale di grandi dimensioni. Il professor Marco Fortis, noto economista ed esperto di sistema industriale lo conferma tacitamente, offrendo numeri e osservazioni su questo nuovo triangolo, ed anzi portandosi avanti e immaginandolo gia’ esteso a Varese e Venezia. I numeri sono impressionanti. Le tre associazioni come sono oggi (quando il processo di integrazione sara’ civilisticamente perfezionato a settembre, ndr) rappresentano solo 8 province ma producono un PIL di 324 miliardi, come quello della Danimarca. 53 miliardi di valore aggiunto manifatturiero (come il PIL del Belgio). Se includessimo Varese e Venezia (dice Fortis) avremmo 10 province con il PIL dell’Austria e il valore aggiunto manifatturiero di 63 miliardi (il PIL della Svezia).



Immaginando questa ‘Lombardia e Nord Est’ come una regione a se stante (LNE viene chiamata nelle ricerche di Fortis e di altri ) sarebbe la sesta nazione europea per PIL e ben la quarta per valore aggiunto manifatturiero, con punte di eccellenza settoriale tale da essere seconda solo alla Germania. Percio’ Massimo Finco, il presidente del ramo padovano,  in modo anche gagliardo e appassionato lo dice spesso, che il tema e’ prendere atto in qualche modo che “Roma e’ Roma, il Sud e’ il Sud e l’omogeneita’ di quest’ area e’ qualcosa da cui non si puo’ piu’ prescindere”. 



Dunque genuina e schietta voglia di superare i campanilismi, onesta’ nel riconoscere alcuni limiti veneti come i pochi laureati nell’industria, voglia di testimoniare un bisogno di “collettivita’” (per cui auspicio di aggregazioni fra camere di commercio, offerta educativa e formativa), trasparenza nell’idea del rapporto e della separazione con la politica e maturita’ nel cercare di comprendere i luoghi, il mondo, i giovani che espatriano. 

Ma l’aspetto piu’ intrigante e’ la sensazione che da queste parti l’idea, i concetti e le parole stesse di autonomia e federalismo hanno quasi stancato, ma come qualcosa che e’ talmente nella realta’ da non aver piu’ senso citarle e farne riferimento. Se manca qualche passaggio basta perdere tempo, bisogna solo prenderne atto e agire con serenita’ e impegno. Percio’ oggi si uniscono gli industriali di Padova e Treviso, parlando della loro area come quella di Milano-Treviso-Bologna, una delle regioni piu’ importanti d’Europa.