Ho incontrato  Marzio Bonferroni, esperto di comunicazione e marketing, il quale mi ha raccontato della sua personale filosofia applicata a questi stessi campi, ovvero la Human Satisfaction, e del suo rapporto con Philip Kotler, considerato il padre del Marketing. La Human Satisfaction è una visione, un nuovo metodo evoluto della concezione di “consumatore”, termine fin troppo ancorato al modello egoistico del marketing basato su convenzioni soggettive stratificate. In questa sua visione, l’essere umano-stakeholder delle imprese non è più da considerare “consumatore”, ma persona integrale nelle sue necessità. Ecco cosa ci siamo detti. 



Ha creato un approccio che si ispira alla Human Satisfaction e che vuole superare il modello del classico consumatore. Cos’è quindi questo nuovo modello?

Trovo che il termine “consumatore” sia orribile e offensivo, soprattutto se considerato dalla prospettiva che lega l’uomo alla natura in cui vive: consumare significa distruggere, e distruggere implica l’impossibilità di una condivisione a 360 gradi. L’essere umano è dopotutto dotato di tre aree che “ospitano” le necessità/item anche di beni economici e che possiamo identificare in Emozione, Ragione, Etica. Proprio dall’analisi di questi item per la loro integrale soddisfazione nasce la Human Satisfaction, che si configura come un’evoluzione della customer satisfaction e dell’umanamente riduttivo modello economico “consumatore”. 



Cosa comporta questo nuovo approccio?

Guardare alla persona integrale e non più esclusivamente al consumatore, significa guardare a queste tre aree di cui l’uomo si compone nella sua psiche. Il metodo della Human Satisfaction prevede una prima fase di ascolto delle necessità della persona collaboratore o cliente, a cui segue la prospettiva per la fondazione di un “edificio di marketing” con alle fondamenta l’analisi delle necessità e la strategia, con al primo piano la comunicazione interna e la formazione, al secondo la comunicazione esterna, e al terzo la costruzione della comunità di brand che determina il massimo fatturato.



Quella che ha con Kotler, per cui ha scritto testi e sponsorizzato incontri pubblici, è un’amicizia lunga e solida: com’è nato questo rapporto?

Kotler mi ha onorato della sua amicizia fin dal 2005, quando editai un libro dal titolo “Human Satisfaction”. Da lì ci siamo incontrati più volte. Ad  esempio nel 2015 mi invitò, durante un suo contributo presso l’Università Bicocca, a realizzare la Carta dei Valori del Marketing Umanistico, che traccia in 10 punti gli elementi essenziali di questo passaggio di prospettiva da “consumatore” a “essere umano integrale”. Nel 2017 ho presentato Kotler al rettore e al consiglio direttivo della Iulm, organizzando un forum a cui hanno preso parte diverse centinaia di imprenditori e manager. In tutte queste circostanze abbiamo cercato di approfondire il filone del marketing umanistico, in cui si inserisce il metodo della Human Satisfaction, metodo che vuole essere un’integrazione delle politiche già intraprese da un’impresa nell’evidenziare la centralità delle componenti emotive dell’essere umano, estendendole.

Quale ritorno economico garantisce la Human Satisfaction, al di là dell’appagamento etico?

L’obiettivo è certamente quello di contribuire allo sviluppo delle imprese: quando una persona, collaboratore o cliente che sia, si sente maggiormente ascoltata e apprezzata da un’impresa che riesce a soddisfarlo nelle sue reali necessità, sarà inevitabile che questi si affezioni e si fidi maggiormente dell’impresa stessa e dei suoi brand. La fedeltà non riguarda meramente gli acquisti, ma la condivisione di quello che un’impresa realizza e la percezione amichevole che ne ha il pubblico, vale a dire l’uomo finalmente inquadrato in una prospettiva integrale. E questo approccio deve riguardare sia gli stakeholder interni che il cliente.

(Luca Brambilla)