“Industria 4.0, sfide e opportunità per il Made In Italy” (Editoriale Delfino, 2018) è una guida scientifica sulla quarta rivoluzione industriale con un occhio di riguardo al sistema produttivo italiano. Presentato all’ultima edizione di SPS IPC Drives Italia, la fiera italiana di riferimento delle tecnologie industriali, dove ha suscitato un notevole interesse, il nuovo volume di Armando Martin, ingegnere, giornalista ed esperto automazione, si focalizza su 4 capitoli fondamentali della Quarta Rivoluzione Industriale: i modelli di impresa; le tecnologie abilitanti; gli scenari di innovazione oltre la fabbrica; i pionieri italiani dell’impresa 4.0. Vengono insomma consegnati al lettore gli strumenti per comprendere le tecnologie abilitanti di Industria 4.0 e le implementazioni tipiche, senza trascurare l’organizzazione di fabbrica e i risvolti pubblici e sociali.
Industria 4.0 sembra godere di ottima salute…
Il Piano nazionale Industria 4.0, partito nel 2015, ci consegna un primo bilancio positivo. Anche nel 2018 Industria 4.0 resta la principale leva strategica per l’innovazione e la competitività del sistema manifatturiero. Certo, si può fare di più e di meglio, ma è indubbio che siano state poste condizioni interessanti per sostenere un processo di modernizzazione a livello nazionale. Del resto gli effetti del Piano Industria 4.0 nel nostro Paese si sono fatti sentire con la crescita segnata nel 2017 dalla produzione industriale (+3%), dai beni strumentali (+9,1%) e dalla fabbricazione di macchinari e attrezzature (+15,6%). Secondo le stime di Confindustria e dell’Unione Europea, nell’arco di un triennio Industria 4.0 può valere il 4% del Prodotto interno lordo con un aumento di produttività compreso fra il 30% e il 50%. Ora ci aspetta la seconda fase, che vede in prima fila i temi della continuità degli investimenti della formazione, della finanza innovativa, dei competence center. Ma soprattutto della capacità di “fare sistema”, perché come dice Alessandro Berzolla di Dallara Automobili “nessuna impresa può essere veramente competitiva se non opera in un territorio che è a sua volta competitivo”.
Perché ha sentito la necessità di scrivere questo libro?
Il percorso verso la trasformazione digitale è ancora molto lungo, ricco di opportunità, ma anche di ostacoli accresciuti dall’incertezza politica e macroeconomica. Occorre quindi proseguire l’opera di divulgazione. Se chiediamo chi è Romano Volta probabilmente in pochi sanno rispondere. È il fondatore di Datalogic, azienda italiana leader a livello mondiale nelle tecnologie di visione e identificazione automatica dei dati: 2.700 dipendenti e circa 600 milioni di euro di fatturato, il 90% del quale realizzato fuori dall’Italia. Un’eccellenza assoluta del Made In Italy. Spesso assistiamo a un’esaltazione di personaggi legati all’arte, al turismo, all’enogastronomia. Non siamo contro questi settori, ma a ben vedere producono poche figure eccellenti e ben pagate e molta “manovalanza” (camerieri, portieri d’albergo, addetti alle pulizie, guide turistiche, ecc.). L’industria produce ricerca a valore aggiunto, ingegneri, informatici, professionisti, terziario avanzato, nuove visioni del mondo. Inoltre il primato nell’innovazione tecnologica ha valore “strategico” per l’occupazione, i mercati, la creazione di ricchezza e gli effetti di lungo periodo. Ora, partendo dal fatto che l’Italia è un grande Paese industriale e tecnologico, la seconda manifattura d’Europa, la settima nel mondo ci è sembrato giusto evidenziarlo con il concetto di Industria 4.0. Che non è un cambiamento fine a se stesso, ma un nuovo paradigma di fabbrica e di produzione, determinato dalla maturità di numerose tecnologie abilitanti, con l’obiettivo di mettere insieme le performance di impresa, l’attenzione verso i consumatori e la sostenibilità.
Quali sono le tecnologie abilitanti di cui si parla nel libro?
La fabbrica intelligente è caratterizzata dal controllo in tempo reale della produzione, dall’applicazione massiccia della robotica e dall’uso esteso dell’IoT (Internet of Things). In Italia dove un ruolo significativo lo giocano le Pmi manifatturiere e i costruttori di macchine potrebbero essere le tecnologie wireless ad assumere un ruolo di traino. Ad esempio, gli investimenti infrastrutturali in tecnologie 5G, le reti a larga banda e le innovazioni nelle tecnologie low power si candidano a rivoluzionare il metodo di interconnessione tra macchine e le reti degli oggetti. Ma al di là degli aspetti specialistici, il libro evidenzia il valore dell’interconnessione e soprattutto dei dati. La Quarta Rivoluzione Industriale ha infatti la sua centralità nella potenza del dato, nella capacità di analisi attraverso i Big Data. La gestione in tempo reale delle informazioni e le capacità predittive che derivano dal Cognitive Computing e dall’Intelligenza Artificiale sono destinate a rivoluzione tanto lo sviluppo dei prodotti quanto il comportamento dei clienti e dei consumatori. Suggerisco poi di tenere d’occhio quella che viene chiamata l’Internet delle Transazioni ovvero la tecnologia Blockchain. Il primo settore a interessarsi di Blockchain è stato quello finanziario, mentre ora grandi possibilità sono offerte al settore industriale. Questo sistema consento lo scambio di informazioni e di prodotti in maniera sicura. Un aspetto non da poco se consideriamo i recenti problemi derivanti dall’IoT e dalle industrie “intelligenti”.
Industria 4.0 non è solo manifattura….
Certo, all’affermazione di Industria 4.0 deve affiancarsi un modello di information society, dove la trasformazione digitale diventa un veicolo per promuovere la qualità della vita innovando cultura, territorio e relazioni oltre la fabbrica: la domotica e la scienza delle costruzioni, le smart city, la smart agriculture, l’healthcare, il design, il retail, le utilities, la pubblica amministrazione. La stessa manifattura incorpora sempre più servizi in una filiera allargata che arriva fino al consumatore finale. Sostenibilità, green e circular economy sono altrettanti pilastri sui quali costruire un nuovo modello di sviluppo socio-economico che accompagna la rivoluzione industriale. Enti locali, sanità, grande distribuzione, infrastrutture e reti di servizi per i cittadini e terzo settore in generale non possono rinunciare a mettersi in gioco sul tema dell’innovazione e della digitalizzazione. La sfida è quella che in Giappone viene chiamata “society 5.0” ovvero un percorso di trasformazione che pone al servizio della collettività tecnologie come IoT, Big Data, Robotica di servizio e Intelligenza Artificiale.
Nel libro il lettore trova 30 interessanti case history, può farci qualche anticipazione?
Abbiamo privilegiato applicazioni pionieristiche del Made In Italy in quanto possono tracciare la strada per molte altre aziende di tutte le dimensioni e di ogni settore. Posto che è difficile dire quali aziende sono conformi al modello Industria 4.0 e quali no, ci sono comunque delle direttrici chiare. Alcune aziende hanno ridotto il gap digitale investendo nell’IT, altre si sono focalizzate sul manufacturing avanzato, altre ancora sulla supply chain integrata o sull’innovazione generale dei processi. A titolo di esempio citiamo Polytec, un’eccellenza che nel 2017 ha festeggiato il centesimo robot installato in applicazioni siderurgiche. L’azienda trentina ha messo a punto delle rivoluzionarie tecniche di termovisione ed etichettatura che permettono di sostituire l’uomo con macchine intelligenti per abbattere rischi di incolumità e creare condizioni di lavoro migliori. Altro caso esemplare è quello di Brembo, lungo la cui linea di produzione nello stabilimento di Curno sono presenti sensori intelligenti che dialogano tra loro. In questo modo si possono individuare anomalie e risolvere i problemi in tempo reale. L’informazione a bordo linea viene inoltre condivisa con le linee di montaggio degli altri stabilimenti distribuiti in tutto il mondo. Vale la pena segnalare anche gli investimenti di Marcegaglia verso un modello di fabbrica più sostenibile e sicura per chi ci lavora. Oggi il gruppo italiano può definirsi una vera e propria industria 4.0 attraverso l’adozione di una rete di comunicazione unificata in grado di reingegnerizzare i processi in ottica Internet of Things e lungo una supply chain totalmente informatizzata.
Per finire, vogliamo parlare di formazione e lavoro?
Con un po’ di ritardo sono partiti il Piano Nazionale Scuola Digitale e i Competence Center. Una certezza è che la formazione è il pilastro più importante intorno a cui far crescere la trasformazione digitale e sostenere Industria 4.0. Gli impatti della tecnologia sul mondo del lavoro sono invece molto più controversi. Dobbiamo constatare che le dinamiche reali del lavoro sfuggono a molte analisi accademiche e macroeconomiche. In Italia, ad esempio, negli ultimi 15 anni, in presenza di una progressiva diffusione delle tecnologie, il numero di occupati è rimasto pressoché costante a parità sostanziale di numero di abitanti e al netto della crisi del 2008-2010. Molti scienziati ed economisti auspicano diverse forme di reddito universale ed elaborano complesse previsioni sulla singolarità tecnologica, ma in fin dei conti non dobbiamo rinunciare a priori alla creazione di nuove professioni, purché appaganti e remunerate in modo equo. Se è vero che in passato l’automazione ha contribuito a eliminare molti posti di lavoro, è altrettanto vero che sono emerse nuove figure professionali. Nel corso della storia grosso modo è sempre accaduto, l’importante è avere una buona politica che governi il fenomeno e una buona scuola che istruisca le persone.
(Mario Gargantini)