L’occasione odierna per riflettere sulle molteplici dinamiche lavorative che caratterizzano il nostro tempo, in particolare sull’evoluzione del ruolo dell’imprenditore, ci è stata offerta da uno stimato professore, specializzato in Psicologia del lavoro: Giovanni Siri, ordinario di Psicologia che ha insegnato a Genova, all’Università Iulm e all’Università San Raffaele. Il professor Siri ha inoltre lavorato come consulente personale affiancando alcuni dei grandi imprenditori del passato come Michele Ferrero, il fondatore della nota industria dolciaria di Alba, qualificando il suo giudizio con una salda struttura teorica unita a un’esperienza lavorativa “sul campo”.



Come vede l’evoluzione dell’imprenditore?

Il ruolo dell’imprenditore non è lo stesso di qualche anno fa, tuttavia sarebbe una visione ottimistica parlare semplicemente di evoluzione, perché gli imprenditori moderni si trovano in una sorta di paura, che sfiora l’angoscia, relativa alla propria identità. E quindi, prima di poter assumere consapevolmente un compito evolutivo rispetto al futuro del fare impresa, devono prima risolvere consapevolmente la  condizione di “crisi” in cui  attualmente si trova la loro stessa identità.



Cosa intende per “identità“?

Fin dalle origini della società industriale, l’imprenditore era per definizione una persona che non separava sfera privata e sfera pubblica, era uno che dava sempre tutto se stesso, rafforzato in questo da una visione socio-culturale  nella quale l’imprenditore era una sorta di eroe solitario alla testa di un manipolo di volenterosi, conquistatore e creatore di “cose nuove”. La radice del termine imprenditore è forse più esplicativa per capirne la natura: era un “condottiero” che guidava un gruppo di persone verso un’impresa, appunto, una conquista, non necessariamente fisica o militare. 



Da cosa è caratterizzata quindi la crisi di questa identità?

Se questo tipo di identità entra in crisi a causa del cambiamento odierno, non parliamo semplicemente di una crisi di funzione, ma di una crisi di identità. La globalizzazione e l’interdipendenza tra singoli e tra società non permette più la sopravvivenza del mito dell’eroe eccezionale. Non esiste più un castello circondato da mura fisiche dentro le quali ogni re-imprenditore governava generando stabilità: tutto è mobilità, ipotesi, sperimentazione e collaborazione. Un imprenditore nato con categorie di razionalità lineare e dominio di potenza oggi non riesce neppure più a capire esattamente quale sia la impresa affrontare. Senza contare che attorno a lui anche i ruoli del consumatore e dei collaboratori sono sostanzialmente mutati.

In che modo sono cambiati questi ruoli?

I consumatori sono sofisticati: ipertargettizzati, fluidi, informati, sentono di poter pretendere sempre maggiore personalizzazione dell’offerta e il rispetto dei valori di salute, ecologia, innovazione continua. I “dipendenti” poi sono sempre più persone più consapevoli del legame tra il proprio lavoro e la propria vita: i “nuovi” lavoratori, che non lavorano più per l’imprenditore, ma con lui, desiderano quindi un contesto di lavoro in cui il proprio contributo sia significativo.

Qual è la reazione dell’imprenditore?

In una persona abituata a viversi come forte e sicuro, la reazione istintiva è la negazione di possibili crisi o debolezze. Una reazione naturale che però altro non fa se non peggiorare il problema, inducendo a soluzioni valide ieri, ma che adesso non fanno altro che peggiorarlo. Non possiamo esortare l’imprenditore (magari di successo!) a prendere coscienza del cambiamento reso necessario dalla transizione generale senza comprendere la difficoltà anche personale in cui si trova. Accanto agli scenari e alle indicazioni di possibili trend da cogliere che ridefiniscono la figura dell’imprenditore occorre anche supportare la grande fatica di mutare pelle.

Che ruolo dovrebbe avere quindi l’imprenditore oggi?

L’evoluzione continua – penso all’intelligenza artificiale e alla robotica – che ci sta facendo vivere una nuova rivoluzione industriale, sociale e culturale, permetterà un aumento della qualità del lavoro e dello scambio di conoscenze. In questo nuovo scenario il ruolo dell’imprenditore lo associo alla metafora dell’allenatore e tutor, ovvero colui che deve riuscire a “far fare”, non più a “fare” in prima persona. Il suo compito diventa oggi quello di generare un contesto in cui gli attori in prima linea danno il meglio di sé non come somma di individui, ma in quanto team. Il suo ruolo è quindi quello di attivare le potenzialità di un team tenuto insieme da uno scopo più grande, che va oltre i singoli sé, al tempo stesso valorizzandoli. perché consente a ciascuno di crescere grazie alla consapevolezza dell’appartenenza e del sostegno del team. 

Quali caratteristiche specifiche dovrebbe possedere?

Il nuovo imprenditore dovrebbe formare la propria capacità di razionalità sistemica flessibile e non più lineare; dovrebbe passare dalla logica della competizione a quella della partnership e percepire i propri clienti/consumatori come co-produttori cui offrire occasioni di crescita e non solo di consumo. Infine, gli sarà necessaria una grande cultura, non fatta di titoli di studio, ma da un’apertura mentale che consenta di leggere lo stesso fenomeno da più prospettive per generare continuamente nuove idee e progetti.

(Luca Brambilla)