Dispiace che un giornalista accorto come Daniele Capezzone non abbia voluto comprendere le ragioni esposte dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia nell’intervista apparsa sul Corriere della Sera di giovedì 3 gennaio. Dispiace ancora di più per il suo trascorso politico e in particolare per la militanza nel glorioso Partito Radicale dove l’intelligenza non ha mai fatto difetto (a proposito, avete letto “L’altro Radicale” di Giuseppe Rippa per Guida Editori?).
In sintesi, sono quattro le obiezioni che Capezzone muove a Confindustria: l’insistenza sulla necessità di attivare gli investimenti pubblici senza dar conto di quelli privati, la richiesta al premier di trattare con Bruxelles quando gli investimenti erano in manovra, lo scarso entusiasmo per la conferma sia pure parziale dell’impianto di Industria 4.0 a fronte degli elogi riservati al passato governo, la sottovalutazione della flat tax al 15% a beneficio di piccole imprese e partite Iva con reddito inferiore a 65.000 euro.
Proviamo a dare una risposta convinti di avere qualche buona ragione da far valere nel rispetto delle opinioni altrui e certi che il confronto non possa che far bene alla comprensione delle posizioni in campo. Con una premessa doverosa: questa non vuole essere una difesa d’ufficio nonostante la particolare condizione dello scrivente che di Confindustria guida la comunicazione. Le considerazioni qui riportate sono principalmente il frutto di convinzioni personali. E a questo titolo sono espresse.
Partiamo dagli investimenti pubblici che Confindustria considera il secondo motore dello sviluppo. Servono per realizzare le infrastrutture strategiche utili a rendere più competitivo e moderno il Paese. E, dunque, ad attirare gli investimenti esteri e a incoraggiare quelli privati interni che della crescita sono il primo motore. L’associazione dei costruttori ha calcolato che sono 27 le grandi opere sopra i 100 milioni che attendono di essere avviate per creare un’occupazione aggiuntiva di 400.000 persone.
È vero, poi, che proprio il presidente Boccia – in occasione della manifestazione a Torino con dodici associazioni imprenditoriali schierate in favore della Tav, delle infrastrutture e della crescita – abbia chiesto al presidente Conte di evitare a tutti i costi in Europa la procedura d’infrazione che avrebbe comportato danni enormi all’economia nazionale. E dello scampato pericolo Confindustria ha sempre dato atto al governo. Altra cosa è la valutazione sul taglio che si è voluto dare proprio agli investimenti.
Per quanto riguarda Industria 4.0 Confindustria dice una cosa molto semplice: evitiamo di depotenziare strumenti che hanno mostrato di avere effetti positivi sull’economia reale. Grazie a questo provvedimento del passato esecutivo, infatti, nel 2017 gli investimenti privati in macchinari sono aumentati del 30% e l’export italiano è salito dell’8%. Se un obiettivo, anche di questo governo, è la crescita, sarebbe stato sensato mantenere intatta la misura o potenziarla. Invece è stata ridimensionata. Bene, comunque, che ci sia.
Sull’ultimo punto, Confindustria apprezza che si siano pesantemente ridotte le imposte per partite Iva e piccolissime aziende, ma fa notare che si tratta di un intervento molto parziale e che il carico fiscale complessivo per il mondo delle imprese è lievitato. Meglio sarebbe stato, gettando uno sguardo più complessivo sulla manovra, abbassare il costo del lavoro nella componente di tasse e contributi in modo da stimolare assunzioni a tempo indeterminato, essendo la carenza di occupazione la principale emergenza del Paese.