Alla fine, è accaduto quello che si temeva e che era facilmente intuibile accadesse: la Francia ha rotto i rapporti diplomatici con l’Italia e ha ritirato di conseguenza il suo ambasciatore a Roma. Non succedeva dal 1940, al tempo della Prima guerra mondiale, hanno ricordato tutti i commentatori per sottolineare la gravità del gesto. Ancor più grave se si considerano i rapporti economici che legano i due Paesi fondatori della Comunità europea, ciascuno terzo investitore diretto nell’altro. La Francia è il secondo Paese al mondo per le nostre esportazioni (il primo è la Germania, il terzo gli Stati Uniti) e nell’interscambio commerciale guadagniamo 10 miliardi.



Insomma, tenendo conto delle interazioni e del numero di posti di lavoro che queste sviluppano litigare con il nostro vicino non è certo un buon affare, soprattutto se le ragioni sono quelle della propaganda elettorale con i 5 Stelle alla ricerca di un abboccamento con i gilet gialli che da mesi mettono a ferro e fuoco le principali città transalpine.



Ancora una volta, se la politica tende a dividere l’economia cerca di unire. Nel giorno stesso del divorzio diplomatico tra i due Paesi amici, infatti, i capi della Confindustria italiana e di quella francese – Vincenzo Boccia e Geoffroy Roux de Bézieux – hanno firmato e diffuso un appello comune al dialogo costruttivo e al confronto. È necessario che gli storici protagonisti del processo d’integrazione, si legge tra l’altro, non si dividano ma riconfermino gli elementi di unità. L’Europa è un gigante economico e dobbiamo lavorare perché diventi anche un gigante politico nella consapevolezza che la sfida non è tra Paesi d’Europa, ma tra l’Europa e il mondo esterno.



Con questo spirito, informa la nota, Confindustria e Medef confermano l’appuntamento di fine febbraio a Parigi dove le due organizzazioni imprenditoriali si vedranno proprio con l’intento di rafforzare relazioni e collaborazioni. Il tutto nel quadro di un lavoro di tenuta e cucitura realizzato dal raggruppamento delle Confindustrie europee.

Lo strappo avviene infatti all’indomani dell’incontro romano di Business Europe, prima tappa di un percorso che porterà il Presidente Pierre Gattaz a visitare tutte le capitali dell’Unione con l’obiettivo di scrivere un’Agenda per l’Europa da sottoporre alle forze politiche che parteciperanno alla prossima competizione elettorale. Un’Agenda che metta al primo posto la costruzione di un’Europa rinnovata e finalmente amica dei giovani, del lavoro e delle imprese. Un’Europa che sia consapevole di come la competizione internazionale o la vedrà unita o la punirà con durezza dal momento che nessuno dei singoli Paesi avrebbe la forza di difendersi da solo.

Naturalmente restano da sciogliere molti nodi nei rapporti con i partner e in particolare con la Francia che vanta un accordo privilegiato con la Germania, non è mai stata tenera con l’Italia e in più di un’occasione ha giocato per metterla in difficoltà. Ma se la stella cometa resta l’interesse nazionale non è dichiarando guerra che si riesce a seguirla. Anche perché non possiamo esibire una sana e robusta costituzione dal punto di vista della tenuta economica e della fiducia con una previsione di crescita della ricchezza (il famoso Pil) pericolosamente vicina allo zero e perplessità crescenti sulla nostra politica estera dopo l’ondivaga posizione tenuta nei confronti della vicenda venezuelana.