La sharing economy, soprattutto quella basata sull’economic exchange, necessita già di essere rigenerata. Ed ecco che si apre alla sostenibilità per dare regole a un mercato in forte sviluppo con ricadute a volte non positive sulla comunità e sul mondo dell’impresa in generale.
Le piattaforme di sharing economy nascono, secondo una definizione del professor Fabio Sdogati, docente di Economia internazionale al Politecnico di Milano, come “intermediari di scambi economici tra consumatori che non si conoscono, per l’accesso ai beni di altri o a servizi”. Si parla, infatti, di affitto o noleggio anche se è a breve termine. Queste nuove attività creano effetti negativi per l’economia nel lungo termine, perché orientate sempre meno alla produzione in senso stretto, occupandosi di intermediazione e distribuzione e generando sempre “meno modo di produzione di ricchezza e sempre più modo di trasferimento di ricchezza. Un trasferimento che però avviene da chi non ha verso chi ha”.
L’esempio riportato dallo stesso Sdogati è quello della piattaforma di affitto online Airbnb: “è un passaggio di ricchezza da chi non ha una casa in una certa città, a chi ha due case in quella città. Questa ‘redistribuzione al contrario’ è perfettamente coerente con le diseguaglianze sociali crescenti di cui molti economisti parlano con forte preoccupazione, perché distruggono la classe media e riducono la propensione marginale al consumo”.
Altro effetto negativo è la bassa capitalizzazione, poiché – analizza ancora Sdogati – essendo “tipicamente gli assets di queste imprese costituiti da pochi computer in giro per il mondo, o concentrati in un posto solo, la domanda di beni capitali cade; inoltre hanno anche un numero di dipendenti molto basso, non incidendo positivamente sulla diminuzione della disoccupazione”.
Pertanto dalla necessità di creare valore condiviso per le comunità, ritornando al fenomeno degli affitti online, nasce l’idea, che partirà a breve, di una nuova forma più etica di home sharing, a dimostrazione che uno sviluppo sempre più etico non è poi un’utopia.
Si chiama Fairbnb ed è nata a Bologna, ma sarà presente anche a Venezia e in città europee come Amsterdam, Valencia e Barcellona; si propone come progetto in antitesi ad Airbnb con la finalità di coniugare turismo, sostenibilità e socialità. Si possono prenotare alloggi per le proprie vacanze con la consapevolezza di fare parte di un circuito trasparente ed etico; l’idea innovativa ed etica è che prenotando una casa per le vacanze in Italia e all’estero, attraverso FairBnB, si potrà scegliere quale progetto, associazione, idea o attività sostenere, poiché una metà delle commissioni richieste ai viaggiatori sarà utilizzata per la gestione della piattaforma stessa, mentre l’altra metà sarà investita in progetti comunitari che coinvolgono residenti, viaggiatori e Comuni; ad esempio, possono riguardare progetti come un asilo nido, un centro anziani, un orto urbano, visitabili dal turista insieme all’ospite per toccare con mano l’iniziativa che sta finanziando.
L’obiettivo del progetto è quello di promuovere uno stile di vita più inclusivo, in cui ospiti e vicinato, assieme alle amministrazioni locali, possono contribuire a uno sviluppo più equo, sostenibile e premiante per tutta la comunità; di limitare l’affitto a una o due proprietà a persona; di garantire l’assenza di evasione fiscale, ma anche la possibilità per gli abitanti di beneficiare del turismo piuttosto che subirne gli effetti negativi.
Si pensi al fenomeno della gentrificazione dei centri urbani, conseguenza del modello di business di Airbnb, che ha causato un aumento dei prezzi immobiliari e costretto la maggior parte della popolazione a trasferirsi fuori dalle città; Fairbnb vuole evitare che questo fenomeno aumenti ancora e vuole che i profitti non siano fini a sé stessi, ma che vengano reinvestiti nelle comunità ospitanti coinvolte, facilitando esperienze di viaggio autentiche e sostenibili.
Inizialmente i progetti pilota da finanziare con gli introiti degli affitti “etici” saranno scelti dai membri della cooperativa Fairbnb. Successivamente, quando sarà messo a punto tutto il sistema della piattaforma, i cittadini autonomamente potranno avanzare e votare idee sociali, sulla residenzialità, l’ambiente, l’ecologia, necessari per la comunità locale.
Inoltre varrà il principio di “una casa, un host” per scoraggiare le iniziative volte ai soli fini commerciali. In luoghi con ricadute negative del turismo, come Venezia, ci potranno essere regole ancora più stringenti come l’obbligo di residenza di chi affitta. In altri, invece, si preferirà mantenere anche una certa flessibilità, come ad esempio in un paesino o in un piccolo borgo spopolato dove sono rimasti solo pochi anziani e in cui il turismo potrebbe rappresentare una forza trainante di sviluppo.
L’attenzione verso un modello di business più sostenibile coinvolge ormai tutti i settori dell’economia, in particolare l’industria della moda, uno dei settori che incide maggiormente sull’impatto oltre che ambientale anche sociale. Oggi l’industria tessile della moda punta ad essere sempre più green. Il consumatore di oggi premia le aziende che sanno farsi riconoscere come attente e responsabili che coniugano impegno sociale con profitto, attraverso la misurazione dell’impatto e del valore prodotto.
Occorre integrare i comportamenti socialmente responsabili con l’organizzazione aziendale e la filiera produttiva; ciò si può raggiungere anche adottando nuovi modelli di business previsti dal nostro ordinamento giuridico, come l’introduzione delle società benefit, che garantiscono di perseguire oltre a uno scopo di massimizzazione del profitto anche uno scopo di beneficio comune in modo responsabile, sostenibile e trasparente. È quindi evidente e necessario un ripensamento del modello di sviluppo, che punti sull’innovazione e la sostenibilità all’interno di un sistema in grado di creare valore condiviso per tutti.
L’impresa socialmente responsabile è il modello del futuro, che per essere competitiva non guarda solo ai numeri, al profitto e alle performance individuali, ma è un impresa più inclusiva, trasparente, più umana, più sostenibile, a misura di uomini e donne e a misura di una società che sia veramente inclusiva.
Per le imprese è un’opportunità per aumentare il proprio vantaggio competitivo; infatti emerge da vari studi che la maggior parte delle imprese che ha investito in Csr ha rilevato un miglioramento del posizionamento, della reputazione e della notorietà. E si riscontra anche un aumento della fidelizzazione dei clienti.