Come dev’essere l’Europa di domani nella visione di Business Europe e cioè delle organizzazioni industriali dei Paesi che aderiscono all’Unione? Il numero uno Pierre Gattaz e il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia concordano nel definirla così: Forte e Unita, Visionaria e all’Avanguardia, Efficiente e Protettiva, Coerente e Inclusiva. Queste quattro coppie di aggettivi racchiudono il progetto di un’Europa nuova, che si discosti da quella che oggi suscita nell’opinione pubblica più riprovazione che approvazione e che accanto agli indubbi meriti conseguiti nel fondamentale campo della Pace sia in grado di compiere passi in avanti anche su quelli della sicurezza e del benessere collettivo.
Il motore di questa nuova Europa non può che essere l’industria. Motore e soluzione di quei problemi che hanno scavato una distanza sempre più grande tra le popolazioni e l’Istituzione ritenuta responsabile di ogni male come la caduta del potere di acquisto (di qui l’attacco all’euro), la perdita dei posti di lavoro, il clima di sfiducia che si è andato diffondendo.
Per poter portare a termine il compito che si candida a svolgere, l’industria europea chiede alla politica di riappropriarsi del ruolo guida che le compete cominciando con l’affiancare alle tattiche elettorali – che non mancheranno da qui alle elezioni di maggio – le strategie per trasformare l’Europa dal gigante economico che è al gigante politico che non è.
Cerca di svolgere la sua parte, l’industria, convinta di poter contribuire a rendere l’Unione il posto migliore al mondo per i giovani, le imprese e il lavoro. Un posto ricco e interconnesso grazie anche alle infrastrutture materiali e immateriali che dovrà promuovere per potenziare la sua capacità competitiva nei confronti di concorrenti come Cina e America.
Boccia e Gattaz – a Roma per iniziare il giro che lo porterà in tutte le capitali europee per fissare con le diverse Confindustrie locali un’Agenda da consegnare alle forze che si disputeranno la partecipazione al prossimo Parlamento di Strasburgo – sanno che la sfida non potrà più essere tra Paesi d’Europa, ma tra l’Europa e il resto del mondo. La posta in gioco è molto alta. Una proiezione molto attendibile mostra come nel 2035 nessuna delle nazioni europee farà più parte delle prime sette economie del mondo, nemmeno la forte Germania. Ma l’Unione europea, nel suo insieme, ci sarà. E potrà determinare regole, firmare accordi, scambiare alla pari con le altre potenze globali.
Business Europe sa anche di formare un poderoso collante in una costruzione che scricchiola per scarsa manutenzione. L’edificio realizzato con tanto entusiasmo e grandi aspettative dai padri fondatori comincia a mostrare molte crepe e non tutti i governanti lavorano per ricucire. Anzi, egoismi e incomprensioni sono all’ordine del giorno.
Le Confindustrie europee – che conoscono e apprezzano i vantaggi della moneta unica, del libero scambio, dell’innovazione diffusa – comprendono che siamo a un punto di svolta, che troppe persone sono rimaste indietro nell’impetuosa trasformazione della società e che è giunto il momento di provvedere, di porre qualche rimedio alle disuguaglianze e alla povertà.
Non sarà facile invertire la tendenza, anche perché l’economia rallenta e la congiuntura internazionale non si mostra favorevole. Ma proprio per questo occorre mettere da parte le ideologie e reagire con determinazione, perché ancora una volta la buona volontà degli uomini possa prendere il sopravvento sull’apparente ineluttabilità dei fatti.