In questi giorni i principali quotidiani stanno pubblicando studi che tentano di anticipare quanti punti percentuali di Pil perderà l’Italia. Si va dai più ottimisti che dicono -9%, a quelli che addirittura ipotizzano un -16%. Fare previsioni in questo campo è particolarmente complesso. La realtà è che poco si può prevedere leggendo i dati del passato: l’esito di quest’anno dipenderà in gran parte da come le aziende reagiranno nei mesi successivi. Il risultato sarà in gran parte legato alle azioni commerciali che ciascuno sarà in grado di mettere in campo.



Sappiamo infatti che le vendite portano quella linfa vitale essenziale per la sopravvivenza delle aziende. Malgrado ciò che affermano alcuni opinionisti, probabilmente più esperti di salotti televisivi che di aziende, questo non è il periodo in cui trincerarsi dietro un approccio intimistico, come se ci si dovesse vergognare di fare business in un periodo di crisi, ma piuttosto il momento di giocare d’attacco, tenendo conto di importanti elementi che stanno diventando strategici, come quello della sostenibilità.



Dall’esperienza operativa dell’Accademia di Comunicazione Strategica, sono nate alcune proposte per uno sviluppo commerciale che invitano a prendere in considerazione tre leve:

1) Potremmo chiamare la prima leva “farsi la punta al cervello” e consiste nello sforzarsi di elaborare nuove idee per fare business, dalla creazione di nuovi prodotti o servizi all’espansione verso altri mercati. Questa insolita definizione nasce dalla seguente case-history: poco prima che venisse dichiarato il lockdown, un’azienda metalmeccanica specializzata nel settore automotive mi convocò per organizzare un brainstorming con la proprietà e il top management. La riunione favorì l’interazione e l’avanzamento di proposte da parte di tutti, e dopo circa due ore ci ritrovammo con ben 102 idee. Successivamente iniziammo un lavoro di scrematura, finché non rimasero le tre che erano sembrate più originali e realistiche. Alla fine venne deciso di implementarne una in particolare, ovvero la costruzione di alcuni stampi di plastica che potessero fungere da strumenti per co-assemblare altri pezzi di metallo. L’elemento più interessante di questa vicenda è che l’attuale proprietario dell’azienda – operativa da più di cento anni . e i suoi predecessori si erano focalizzati esclusivamente sullo stampare metallo: altre aziende, infatti, si occupavano di co-assemblare i pezzi da loro prodotti con oggetti di plastica, ove necessario. 



Quell’idea venuta in mente durante la riunione e presa sul serio da tutti i tecnici, che non hanno temuto di osare di più, ha quindi permesso all’azienda di espandere la propria capacità produttiva aumentando il controllo sulla filiera. Non solo. La marginalità sui prodotti di plastica è risultata superiore a quella sui pezzi di metallo. Ho chiesto all’imprenditore da quanto tempo tecnicamente fossero in grado di stampare pezzi di plastica con le loro macchine e mi ha risposto: “Se devo essere generoso nei miei confronti, direi da due anni, se devo essere più sincero e severo, direi da almeno otto anni. La verità è che la crisi fa venire la punta al cervello”. Finito il lockdown ho avuto modo di tornare in azienda ed essere aggiornato su due incredibili novità: la prima è che il reparto vendite ha trovato degli acquirenti per quel nuovo prodotto, la seconda è che la loro prospettiva di crescita in questo nuovo campo peserà per l’anno successivo oltre il 30% del fatturato.  

2) Abbiamo chiamato la seconda leva “taglio della mela“. Sappiamo bene che molte aziende saranno purtroppo costrette a chiudere, mentre altre ancora non riapriranno. Per chi ha già liquidità o un facile accesso al credito, però, questa situazione nasconde un’opportunità da non sprecare. Diverse imprese seguite dall’Accademia, infatti, da mesi stanno facendo scouting per analizzare altre aziende da acquisire, per irrobustire la propria realtà. Anche questo approccio ci è stato raccontato da un imprenditore, il quale ci ha confidato che durante la crisi del 2008 aveva concluso nell’arco di pochi mesi ben 6 piccole acquisizioni che avevano fatto sì che, una volta passata la crisi, si fosse ritrovato con un’azienda che contava il 50% di macchine in più e il doppio dei dipendenti. La cosa importante che deve tenere a mente chi vuole usare questa leva è di non muoversi con una dinamica da avvoltoio, quanto, piuttosto, come una persona attenta a non guardare solo la parte ammaccata di un’azienda che deve essere tagliata, quanto a salvare la parte buona, il cui valore può moltiplicarsi se annesso a un’altra realtà produttiva.

3) La terza leva è quella che tutte le società e tutti i liberi professionisti possono mettere in atto. Sappiamo bene, infatti, che in certi casi è veramente complesso innovare creando nuovi prodotti e servizi. In altri è impossibile fare fusioni o acquisizioni senza budget rilevanti. La terza leva, invece, da un certo punto di vista è a costo zero e riguarda il miglioramento del processo di vendita. Nel libro “Comunicazione Strategica – Le origini del Metodo O.D.I.® edito da Fag, sostengo infatti che la vendita non è un atto, come siamo soliti sentir dire, ma un processo. Il miglioramento dell’output finale è determinato dall’ottimizzazione di tutte le fasi di tale processo. Durante il periodo di crisi, ho avuto modo di conoscere un imprenditore del settore chimico che ha intuito di non poter negoziare troppo sul prezzo dei prodotti aumentando la marginalità. Di conseguenza, ha chiesto al suo staff di concentrarsi sul miglioramento di un’altra fase del processo denominata prospect, ovvero quello stadio in cui si identificano tutte quelle società che hanno le caratteristiche per diventare futuri clienti. L’esito di tale operazione, che è tuttora in atto, è che in 4 mesi questa azienda ha generato contratti con 321 nuovi clienti. Questo le ha permesso, nonostante il lockdown, di mantenere lo stesso fatturato dell’anno scorso, mentre i competitor sono retrocessi di circa il 40% a livello di incassi.

L’invito è quello di usare una o più tra tali leve come utile strumenti per superare questa nuova crisi, ricordando le parole di Theodore Roosevelt: “Coraggio non vuol dire aver la forza di andare avanti, ma andare avanti anche quando non si ha nessuna forza”.

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