Le imprese metallurgiche bresciane lanciano l’allarme sul regolamento Cbam, ma i timori legati al rischio di una «desertificazione industriale» per effetto di regole ambientali europee troppo rigorose e onerose è condiviso da tutto il settore nazionale, oltre che dalle filiere produttive collegate, a partire dall’automotive. Infatti, del Carbon Border Adjustment Mechanism si è discusso ieri al convegno di Confindustria Brescia. Il regolamento impone una tassa sulle emissioni di CO2 per i beni importati da Paesi extra-Ue con regole ambientali meno stringenti di quelle europee. Questa misura è nata per proteggere l’industria europea, ma rischia di appesantire la burocrazia e gli oneri per le aziende tenute ad applicarla.



Come evidenziato da Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, essendo una misura di protezione, ha spinto l’Unione europea a mettere in discussione un’altra misura di tutela, cioè le quote gratuite per gli altiforni, che saranno progressivamente ridotte, fino all’eliminazione dal 2029. Gozzi lo definisce «un problema enorme per l’industria europea dell’acciaio ma soprattutto dell’automotive», in quanto causerà «un costo aggiuntivo per ogni tonnellata di acciaio d’altoforno prodotta, pari al 30% rispetto al costo di mercato». L’Italia è all’avanguardia sull’alternativa del forno elettrico, ma c’è un grande limite. «Con i forni elettrici si può fare qualunque tipo di acciaio tranne il “profondo stampaggio”», che è quello che serve alla produzione delle carrozzerie delle auto.



“UE DEVE TUTELARCI, SIAMO IL MOTORE D’EUROPA”

«Non so se coscientemente o incoscientemente, l’Europa ha inferto un altro colpo all’industria automobilistica europea, dopo quello sull’elettrico, perché i produttori europei dovranno comprare l’acciaio da profondo stampaggio in Asia, quindi proprio dai concorrenti», segnala Antonio Gozzi, come riportato dal Sole 24 Ore. A fare eco al presidente di Federacciai c’è Giovanni Marinoni Martin, presidente del settore metallurgia, siderurgia e mineraria di Confindustria Brescia, secondo cui non ci si vuole sottrarre alla transizione ecologica, «anzi siamo pronti a investire», ma l’Europa «ci tuteli». Infatti, rimarca che l’industria dà lavoro a oltre 300mila dipendenti diretti e 1,5 milioni indiretti, per 150 miliardi di valore aggiunto. «Siamo il motore d’Europa, ma il mix di queste norme sulle emissioni, come gli Ets e il Cibam, tolgono competitività al nostro sistema e disincentivano gli investimenti, con il rischio di una desertificazione industriale».



L’allarme è condiviso da Roberto Valvassori, presidente di Anfia, e Paolo Streparava, amministratore delegato del gruppo Streparava e vicepresidente di Credito, Finanza e Fisco di Confindustria Brescia, intervenuti al convegno insieme all’assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi, e alle europarlamentari Isabella Tovaglieri e Patrizia Toia. Gozzi torna a chiedere un cambio di paradigma e cultura, una «riflessione non ideologica, ma pragmatica sui reali obiettivi ambientali», che si possono raggiungere secondo il presidente di Federacciai «senza desertificare industrialmente l’Europa».