Si torna a discutere (sulle pagine del quotidiano La Verità) dell’ultimo report redatto dall’istituto GEM Italia sulle aperture delle nuove imprese nel nostro ‘stivale’ – e del quale vi avevamo già parlato il mese scorso – ponendo l’accento grazie all’intervento della coordinatrice nazionale dell’istituto Alessandra Micozzi sulle ragioni dietro a quel potenzialmente drammatico calo dell’imprenditorialità. Non a caso, infatti, il nostro paese risulta essere 36esimo per quanto riguarda il numero di nuove imprese aperte tra il 2023 e il 2024: un dato che di per sé potrebbe sembrare positivo, non fosse che in totale i paesi presi in esame dal GEM erano 46 (con un campione di oltre 100mila persone).



A livello percentuale, negli ultimi 10 anni il numero di nuovi imprenditori è diminuito di circa il 25%, passando dalle 400mila nuove aziende nel 2010 alle ‘appena’ 300mila dello scorso anno, con un copione che si ripete identico quasi in ogni settore industriale – con i soli settori innovativi che sono raddoppiati – e che pesa soprattutto sul manifatturiero, con una diminuzione del 38% (da 21mila nuove imprese a 13mila nel 2023).



Alessandra Micozzi: “Giovani spaventati dell’idea di aprire nuove imprese”

Ragionando sul dati del report GAM sulle nuove imprese, Micozzi parte dal ricorda che “soltanto il 5% degli intervistati ha dichiarato di essere coinvolto nell’avvio di un’impresa” collegata – anche solo marginalmente – al settore lavorativo dell’ultimo impiego, mentre la media europea è del 6% e quella nord americana arriva ad “oltre il 16%“. Non solo, perché con riferimento specifico all’Italia, emerge anche un preoccupante gender gap, con solo il 5% delle donne che vorrebbe avviare delle nuove imprese, rispetto al 10% degli uomini.



Mancano, in generale, la voglia di mettersi in gioco e farsi carico del cosiddetto ‘rischio d’impresa’, mentre molti giovani faticano a trovare delle opportunità innovative nel settore imprenditoriale: un fatto, secondo Micozzi, dovuto in larga parte alla “mancanza di preparazione e all’assenza di competenze specifiche”. In altre parole, diminuiscono le nuove imprese perché i giovani sono sempre meno formati e sempre più neet, ma non si può dimenticare che “manca un sistema educativo che spinga all’imprenditorialità” in quella che secondo la GAM è a tutti gli effetti “una questione culturale“.