Il 2023 è stato un anno record per l’industria italiana della macchina utensile, robotica e automazione, con una produzione che si è attestata a 7.560 milioni di euro e un export pari a 3.825 milioni di euro, valori mai registrati prima per entrambi gli indicatori.
Purtroppo, non ci possiamo adagiare sui successi raggiunti; il mercato italiano inizia a risentire della diminuzione degli incentivi collegati a Transizione 4.0 e dell’incertezza legata al futuro degli stessi. In concreto le consegne sul mercato interno dei costruttori italiani di macchine utensili sono diminuite del 2% rispetto all’anno precedente.
Come sappiamo l’andamento del settore del bene strumentale base per lo sviluppo del manifatturiero indica la volontà di investimento dell’intero mondo collegato alla lavorazione del metallo (macchine o prodotti per il consumo). Se cresce il consumo nazionale di macchine utensili significa che il nostro manifatturiero sta approvvigionandosi di nuove tecnologie, se diminuisce, specialmente a fronte di un incremento delle esportazioni, indica un minor assorbimento di prodotti atti a incrementare la competitività del comparto manifatturiero nazionale, quello su cui si regge l’economia italiana, e un vantaggio per i competitori stranieri dei comparti a valle della macchina utensile.
Naturalmente bisogna anche tener conto che gli anni post-Covid, legati agli incentivi di Governo, sono stati anni di grande espansione del mercato italiano, pertanto un rallentamento era da prevedere. Confortano, tuttavia, le previsioni raccolte presso le aziende per l’anno 2024.
L’ingente quantità di ordini raccolti nel 2022 e, seppur in quota minore nel 2023, porteranno la produzione nazionale a un ulteriore balzo in avanti (+0,5%), grazie soprattutto alla attività di export in particolare verso Usa, Germania e Cina.
Sul fronte esportazioni desta qualche preoccupazione la situazione economica tedesca collegata in modo particolare alla transizione dell’automotive verso il motore elettrico. È una situazione complessa da comprendere. L’Europa, il più grande comparto manifatturiero del mondo, nettamente miglior produttore di automobili con motore endotermico, anziché spingere per un miglioramento generalizzato del rapporto ambiente/trasporto di terra ha scelto di buttarsi sull’elettrico, per il quale non controlla né le materie prime necessarie, né possiede in via esclusiva le competenze tecnologiche. Speriamo in ripensamenti che portino verso la neutralità tecnologica ossia verso lo sviluppo di tutti i sistemi di movimentazione indirizzati a un minore consumo energetico e migliore rapporto con l’ambiente.
Sono queste le indicazioni che portano a “spingere” le autorità di governo a intervenire nel nuovo paradigma denominato 5.0. Di fronte a uno sviluppo dell’azienda in termini di digitalizzazione, di raccolta e utilizzo corretto dei dati ricavabili dai mezzi di produzione necessari per interventi di riduzione energetica, minori dispersioni di CO2, è necessario un sostanzioso intervento economico del pubblico per permettere alle nostre PMI di trasformare le nuove conoscenze in iniziative per un ulteriore sviluppo tecnologico, nuovi piani di R&S, miglior welfare aziendale.
Il passaggio alla quinta rivoluzione industriale non è sostenibile dalle sole nostre PMI a base famigliare, ma rende necessario un intervento sussidiario da parte dello Stato che premi le imprese che, oltre all’acquisizione di nuovi mezzi di produzione, spostano il loro impegno e le loro azioni verso la sostenibilità in ogni sua accezione e vogliono competere a livello mondiale inserendo nelle loro linee produttive tutte le tecnologie, IA compresa, che oggi debbono essere obbligatoriamente adottate sia per non essere escluse dal confronto internazionale, sia per attivare al proprio interno la volontà di ingresso di giovani preparati che solo di fronte a prospettive di impegno e sviluppo aziendale si sentiranno attratti dal desiderio di conoscere e vincere con le loro aziende le sfide sempre più pressanti che arrivano non solo dai tradizionali competitori, ma da molti di quelli che chiamavamo Paesi in via di sviluppo e che ora sono più che pronti a battersi per divenire egemoni nello sfruttamento delle nuove tecnologie.
È evidente che tutti i numeri citati hanno un grande rilievo se conosciuti e “messi a terra” operativamente dal processo produttivo al prodotto da presentare ai mercati.
Ancora oggi si ritiene che l’elemento principale per far conoscere la propria capacità di produrre beni ad alto valore tecnologico siano le manifestazioni fieristiche. Ecco perché l’associazione UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE anche nel 2024 (9-12 ottobre presso Fiera Milano Rho) organizzerà la 34esima edizione di BIMU, una manifestazione che potremmo definire delle “macchine utensili e non solo”.
La manifestazione si aprirà alle tematiche che più caratterizzeranno l’evoluzione e i collegamenti del settore con la sua capacità di indirizzare la propria produzione non solo al settore manifatturiero tradizionale, ma nell’ottica di un’operatività globale che va a rispondere a domande provenienti dal biomedicale, dalla cosmetica, dalle costruzioni, dal food and beverage e altro. In tale occasione grande spazio verrà assegnato alla formazione dei giovani che troveranno occasioni per comprendere l’evoluzione del settore e anche per esprimere le proprie capacità di pensiero e creazione.
Ciò perché è convinzione diffusa che solo dal connubio tra impresa innovativa e nuove leve capaci di imparare e migliorare costantemente le proprie conoscenze può svilupparsi sempre di più la forza competitiva di un comparto, già oggi ai vertici delle classifiche internazionali, ma che vuole essere ancora più presente e propositivo nello sviluppo tecnologico mondiale.
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