C’era una volta una famiglia numerosa: padre, madre e diversi figli. Fra questi alcuni erano impiegati, altri insegnanti, dipendenti e anche un commerciante, un ristoratore e un imprenditore, uno era persino pensionato. Vivevano tutti sotto lo stesso tetto per il mutuo sostegno. Un bel giorno la famiglia si trovò in difficoltà e nella necessità di non poter sostenere più il precedente tenore di vita. Il capofamiglia e sua moglie decisero che la soluzione migliore non fosse quella di ridimensionare il livello di vita di tutti, ma di mantenerlo inalterato sacrificando tre figli che vennero estromessi e, per motivi che non è dato sapere, scelsero il ristoratore, l’imprenditore e il commerciante. Gli altri continuarono la vita di prima come se nulla fosse accaduto.



Si direbbe un’ingiustizia, eppure è esattamente ciò che stiamo vivendo grazie alle recenti misure anti-Covid. L’allegoria si svela a una più attenta considerazione delle ripercussioni che gravano sul mercato a motivo di certe decisioni sulla cui opportunità eviteremo di addentrarci. Cosa implica nella dura realtà la chiusura anticipata dei ristoranti, la limitazione della libertà di circolazione, lo stravolgimento dei ritmi di vita e certo terrorismo psicologico di una buona parte dei media?



Visti tempi, il lettore che sia arrivato a questo punto o è un eroe, o persona direttamente coinvolta. Chiediamoci dunque come funzionano le imprese sopra menzionate. Chiudere alle 18 un ristorante, lasciare che la popolazione si deprima investita costantemente da notizie di un solo segno, sollecitare il restare a casa, impedire le cerimonie sono misure che ingenerano nelle imprese subito un crollo marcato del fatturato. Si tratta di aziende che solo otto mesi fa hanno subito un lockdown micidiale che le ha fiaccate pesantemente e alcune già spazzate via. Siamo reduci da una crisi economica unica dal dopoguerra in poi che si trascina ininterrottamente almeno dal 2007. Le aziende gravitavano dunque, per la stragrande maggioranza, intorno al pareggio. Due mesi di chiusura comportano un abbattimento dei ricavi pericolosissimo a fronte di spese e costi fissi invariati. Ora, in aggiunta, abbiamo: scuole parzialmente chiuse, mamme e nonne in casa, paura diffusa, limitazioni varie.



Molte aziende chiuderanno. Non si è capito? Esempio: un negozio di abbigliamento/calzature di cui sono piene le nostre città, piccolo o grande a piacere. A marzo aveva ricevuto circa il 70-80% della fornitura primavera-estate che inizia appunto a marzo. Chiusura a sorpresa fino a maggio , la merce primaverile resta per la quasi totalità invenduta e da pagare. Da pagare con cosa? Con gli incassi ridotti della restante parte della stagione? Intanto inizia la campagna acquisti per la primavera-estate 2021. Quel negoziante non acquisterà o lo farà con il contagocce: è già pieno di prodotti invenduti e di pagamenti da onorare. Ecco che la patata bollente passa allora agli agenti di commercio, ai fornitori e a tutto l’indotto. Adesso abbiamo le nuove misure e gli incassi crollano ancora.

Com’è noto, ogni impresa ha il proprio cosiddetto punto di pareggio: un livello di ricavi sotto i quali si chiude. Qualcuno obietterà che ci sono stati gli interventi a sostegno. Stia certo che sono stati pannicelli caldi enormemente sproporzionati rispetto al danno subìto. Se non fosse ancora sufficientemente chiaro, consideriamo un caso concreto: un artigiano del veneziano, un maestro nel suo campo, vero emblema del vero made in Italy. Una piccola azienda ultradecennale, consolidata e stabile. Lo contatto a luglio e scopro che sta chiudendo. Mi spiega che, causa lockdown, gli ordini per la stagione autunno/inverno 2020, per la mia sola zona (tre regioni) è passata da 1.500 pezzi a 50, lo stesso è avvenuto per le altre aree. Un crollo verticale irreparabile, imprevedibile, letale. E ora a spasso lui e i suoi dipendenti.

“Io resto a casa”… “Chiudiamo tutto”… Certo! Se hai la pensione, se sei un dipendente pubblico con lo stipendio assicurato, e gli altri? Dove sta scritto che un piccolo/micro imprenditore e i suoi dipendenti in cassa integrazione, quella che arriva dopo mesi, abbiano la forza economica per affrontare un licenziamento in tronco? Quelli che hanno il conto corrente sempre in rosso e vivono alla giornata o alla mesata. Quelli che hanno contratto mutui ipotecari scommettendo sulla propria impresa che si vedranno portare via la casa. Quelli che hanno malati gravi in casa da curare, assegni di mantenimento per la moglie da cui si sono separati, il dentista per cure urgenti, ecc. Chi lo ha detto che costoro potranno affrontare anche solo l’immediato futuro? Molti avranno riserve accantonate, molti di più no. Come meravigliarsi delle proteste crescenti?

E tutto ciò non ha nulla a che fare con il rischio di impresa proprio di certe attività e nemmeno con l’imponderabile calamità sempre possibile. Qui si tratta di giustizia sociale e di verità. Il mercato è stato arbitrariamente sconquassato, le regole del gioco stravolte a più riprese e infine si dice a qualcuno “tu da oggi chiudi!” che equivale per moltissimi a “tu da oggi non mangi!”. Mentre mesi fa campeggiava ovunque l’abusato “andrà tutto bene” vi erano già moltissimi a cui tutto stava andando tutto male. Se crollano i consumi crolla tutto, esattamente come la valanga non nasce valanga, ma sassolino che rotola, si accresce e in un batter d’occhio travolge tutto; compresi i pensionati, impiegati e dipendenti. Se ancora non è chiaro non lo si capirà mai e sempre più ci si ritroverà su barricate opposte l’un contro l’altro armati.

Alla luce di tutto ciò, riguardo gli autori di certi provvedimenti, emergono solo due conclusioni: o sono in malafede o sono lontani anni luce dalla realtà che ignorano radicalmente. Tertium non datur. Nessun negazionismo, il Covid è certo un’emergenza, ma ce n’è un’altra che lo precede: la mancanza di buon senso e razionalità.