L’economia sostenibile cresce. Con la riforma del 2017 sono aumentate le imprese sociali, con amministratori sempre più giovani e un impegno maggiore nel settore della cultura e della formazione. A scattare la fotografia della situazione è il rapporto di Terzjus, il centro studi del terzo settore. Un trend che viene registrato mentre prosegue l’attesa di norme fiscali agevolative, che sono state promesse ma non sono ancora arrivate, ricorda il Sole 24 Ore. Dunque, il fisco premiante resta subordinato all’autorizzazione europea. Mentre il pacchetto procede in parallelo al dossier sul Terzo settore istruito, ma non ancora in dirittura d’arrivo a Bruxelles, le imprese sociali crescono al ritmo del 4,9% l’anno, guadagnando posizioni rispetto alle cooperative sociali, l’alternativa tradizionale.



La crescita avviene nonostante un quadro fiscale incerto, a conferma della “voglia” di innovazione e inclusione. Tra le tendenze significative, anche la governance caratterizzata da una prevalenza di giovani e donne. Pertanto, le imprese sociali nate dopo la riforma del 2017 sono a prevalenza giovanile (il 22% degli amministratori fino 35 anni e il 27% con più di 55 anni) e hanno una “vocazione” territoriale, essendo impegnate soprattutto in ricettività, cultura, formazione, oltre che supporto alle imprese, senza dimenticare la missione assistenziale e di cura.



RAPPORTO TERZJUS: SALE IMPEGNO IMPRESE SOCIALI IN CULTURA E FORMAZIONE

Stando ai dati riportati nel rapporto di Terzjus, le imprese sociali attive al 31 dicembre 2022 sono 20.452 (coop sociali incluse), di cui 877 costituite e/o qualificate come imprese sociali nel corso del 2022, portando così a 4.340 le imprese sociali nate dopo la riforma del Dlgs 112/2017. Il 92,1% dello stock delle imprese sociali è costituito da cooperative sociali o consorzi di cooperative sociali, invece le imprese che operano nella veste giuridica di società di capitali sono il 4,9% del totale. Il rapporto fa notare che «tra le iscritte nel 2022, la quota di cooperative sociali scende al 70% (-22,1 punti rispetto allo stock), mentre salgono rispettivamente al 20,2% (+15,3 p.p.) e al 9,8% (+6,8 p.p.) le società di capitali e le altre forme organizzative».



Riguardo l’oggetto di impresa, circa il 49% eroga “servizi sociosanitari e assistenziali”, a seguire i servizi di “ristorazione e accoglienza” offerti dal 12,3% delle imprese sociali e i “servizi educativi e formativi” con il 10,3%. Le imprese sociali nate prima del 2017 avevano la forma della cooperativa sociale quasi esclusiva (97,2%), invece tra le “nuove” questa incidenza scende di quasi 24 punti (73,4%). Di conseguenza, crescono fortemente le forme societarie diverse dalla cooperativa sociale, come le società di capitali, le società di persone, le associazioni e le fondazioni, che complessivamente passano dal 2,8% al 26,6%.

LE “NUOVE” IMPRESE SOCIALI DA NORD A SUD

Dal punto di vista geografico, viene segnalata una crescita più marcata delle “nuove” imprese sociali nei territori del Nord Ovest e del Centro Italia. Invece, a livello di macro-settore, al Sud e nelle Isole ci sono quote superiori rispetto alle media nazionale di “nuove” imprese sociali nel campo dei “servizi educativi e formativi” e dei “servizi di ristorazione, ospitalità e accoglienza”, invece i “servizi socio-sanitari e assistenziali” hanno la quota più bassa in assoluto. Il rapporto Terzjus evidenzia altresì che nel Nord Ovest c’è una maggiore incidenza delle “nuove” imprese sociali attive nei “servizi socio-sanitari e assistenziali” e nei “servizi operativi di supporto a imprese e persone”.

Invece, nel Nord Est si registra una più alta concentrazione, rispetto alla media nazionale, nei “servizi culturali e ricreativi” nonché nei servizi “educativi e formativi” e nella categoria “altri servizi” che include servizi innovativi (come informazione, informatici e di consulenza gestionale) e commercio. Come riportato dal Sole 24 Ore, nel Centro, come al Sud e nelle Isole, c’è una quota maggiore di “nuove” imprese so- ciali nel campo dei servizi di “ristorazione, ospitalità e accoglienza”; alta anche la quota di imprese sociali per la categoria “altri servizi”, così come nei “servizi socio-sanitari e assistenziali”.