Le imprese UE sembrano attraversare un periodo a dir poco complicato con un aumento – che sembra essere ormai sempre più strutturale – dei fallimenti e una (forse consequenziale) diminuzione delle nuove aperture: a certificarlo sono gli ultimissimi dati raccolti ed elaborati dall’Eurostat (versione europea della nostrana Istat) riferiti al secondo trimestre del 2024 e pubblicati proprio in questi caldi giorni estivi guardando sia all’intero quadro dei 27, che ai singoli stati membri.



A livello generale – poi arriveremo anche ad un focus sul nostro bel paese – i fallimenti delle imprese UE nel secondo trimestre del 2024 (comparati, ovviamente, ai dati i primi tre mesi dell’anno) sono aumenti del 3,1%; mentre le nuove registrazioni da parte degli imprenditori sono diminuite del 2,1%: una situazione che non sembra risparmiare – almeno nel secondo caso, ma arriveremo anche a questo tra un attimo – nessun tipo di attività e che lascia presagire un futuro abbastanza incerto per il tessuto industriale dell’Eurozona ancora alle prese con un’inflazione oltre la norma e con tassi d’interesse che faticano a diminuire dopo anni di austerità.



Il dato sicuramente più interessante della rilevazione Eurostat è che la diminuzione delle aperture non sembra aver risparmiato nessun settore economico, con il dato peggiore che punta i riflettori su commercio e industria – rispettivamente in negativo del 4,7 e del 3,6% – e il ‘migliore’ che ci parla delle attività finanziare, diminuite (per così dire) solamente dello 0,7 per cento; mentre dall’altra parte della classifica sono fallite in massa (ben il 3,8 per cento in più) le aziende edili, con le sole imprese UE che operano nell’informazione, nei trasporti, nella ristorazione e nelle attività sociali a tenere ancora aperte le saracinesche.



Tra fallimenti e nuove aperture delle imprese UE, come si piazza l’Italia e quali sono i paesi ‘virtuosi’

Insomma – per dirla in altre parole -, le imprese UE sono in affanno a livello generale, ma alcuni piccoli spiragli di luce si intravedono guardando ai dati dei singoli paesi (li trovate tutti elencati cliccando su queste parole) e – sorprendentemente – anche al caso italiano: se parliamo dei fallimenti – infatti – mentre l’Eurozona registra l’aumento del 3,1% a cui accennavamo prima, in Italia si parla di una diminuzione del 2% per la prima volta dal quarto trimestre del 2022 (quando ci fu un 6,3% di fallimenti); ma guardando alle nuove registrazioni ci piazziamo ultimi in classifica con un calo di ben il 6,8% rispetto alla media del 2,1 europea, peraltro dopo l’aumento del 7,6 dello scorso trimestre.

Rimanendo ancora nel capitolo dedicato alle nuove aperture, i dati migliori tre le imprese UE li incassano l’Albania (ben il 14,3 per cento in più), la Norvegia (+9,6) e il Portogallo (questo a quota +7,6); così come tra i paesi con il minor numero di fallimenti non passano affatto inosservate la Svezia, la Lettonia e l’Islanda che sono le uniche a registrare dati a doppia cifra tra – rispettivamente – il 14,7 e ben il 40,5 per cento.