Il film In arte Nino dedicato agli esordi di Nino Manfredi si conclude con l’attore che riesce finalmente a sfondare nel mondo della televisione. La sua carriera cinematografica non è ancora prolifica come i posteri la conoscono: anzi, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, Nino fatica ancora a emergere e a farsi un nome per quanto riguarda il cinema. Anche a teatro i suoi ruoli sono pochi, e tutti perlopiù da comparsa. Le aspettative di Nino erano molto alte: sarà per questo che si trova deluso? Adesso si chiede se inseguire il suo sogno sia stata la scelta giusta, se non sarebbe stato meglio fare come voleva il padre, vale a dire sfruttare la sua laurea in legge ed evitarsi tutta quella ‘commedia’. Nonostante qualche incertezza, Nino non si guarda indietro, e alla fine scopre di aver fatto bene. È importante precisare che il film si discosta a tratti dalla storia vera di Nino Manfredi, e che la caratterizzazione del personaggio come un ‘buontempone’ è stata molto, forse troppo marcata in alcuni punti. (agg. di Rossella Pastore)
La laurea voluta dal padre
Alla fine, in In arte Nino, Nino Manfredi riesce a superare la sua malattia. Ciò che non perde è la sua vena dissacrante, da comico, che non sempre però gli giova, e anzi a volte gioca a suo sfavore. Di fatto, Nino Manfredi dà diversi dispiaceri a suo padre, assecondando diversi vizi e in parte anche trascurando gli studi. La laurea riuscirà a prendersela, ma solo per amore del genitore, che a un certo punto lo caccia di casa. O almeno, questo è quello che lui recepisce: il padre gli stava chiedendo semplicemente di non deluderlo, e non intendeva davvero mandarlo via. In ogni caso, Nino lo prende alla lettera e inizia nuovamente a darsi alla bella vita. La passione per la recitazione non costituirà mai un vero ostacolo al completamento dei suoi studi: a metà film, infatti, Nino riesce a laurearsi, anche se probabilmente non eserciterà mai la professione di avvocato. Inizialmente, anche la sua carriera di attore fatica a decollare, e Nino è non poco demoralizzato. (agg. di Rossella Pastore)
In arte Nino: la malattia di Nino Manfredi
Inizia su Rai1 il film In arte Nino. Nella prima parte della pellicola, troviamo Nino Manfredi al sanatorio insieme ad altri ragazzi affetti da tubercolosi. Il loro comportamento non è quello che ci si aspetterebbe da degli ammalati. I ragazzi sono spavaldi, irriverenti, e in sanatorio fumano e bevono noncuranti della malattia. Nino, in particolare, ama imitare il loro professore di letteratura, un uomo con un marcato accento siciliano che cammina zoppicando. Nino lo caratterizza perfettamente, e per questo viene elogiato dai compagni. L’insegnante entra in classe prima del previsto e pretende di punirlo con delle bacchettate sulle mani. “Professo’, mi dispiace, ma le mani mi servono per suonare”. In seguito lo vediamo sempre insieme ai suoi amici mentre fa dei commenti per nulla eleganti su un’infermiera del posto, Rosetta, almeno fino a che la morte di uno di loro – Italo – non lo porta a rivalutare le sue priorità. O meglio: questo è quello che speravamo. Anche dopo, infatti, Nino e gli altri continuano a fumare come se niente fosse. “Possibile che neanche ’sta malattia ti ha fatto passare la voglia di scherzare?”, lo rimprovera giustamente il padre. (agg. di Rossella Pastore)
Va in onda su Rai1 In arte Nino
In arte Nino andrà in onda su Rai 1 nella prima serata di oggi, sabato 20 marzo, alle ore 21.25. Si tratta di un film biografico per la tv che narra la vita di Nino Manfredi, è stato diretto nel 2016 dal figlio Luca Manfredi (Grazie di tutto, i film tv L’ultimo Papa Re e Scusate il disturbo) ed è interpretato da Elio Germano (Volevo nascondermi, Il giovane favoloso, Mio fratello è figlio unico), Miriam Leone (La dama velata, 1992, Diabolik), Stefano Fresi (Smetto quando voglio, La Befana vien di notte, Ma cosa ci dice il cervello) e Duccio Camerini (Nottataccia, Bruno aspetta in macchina, Alza la testa). Nel cast anche volti popolari della tv italiana come Leo Gullotta e Giorgio Tirabassi.
In arte Nino, la trama del film
In arte Nino racconta gli anni della formazione di Nino Manfredi (interpretato da Elio Germano). Nel 1943 Nino viene dimesso dal sanatorio in cui ha trascorso gli ultimi 3 anni, a causa di una forma gravissima di tubercolosi. Nino decide di iscriversi all’Accademia d’arte drammatica di Roma, ma deve fare i conti con la Seconda Guerra Mondiale e con il padre Romeo (Duccio Camerini), che vorrebbe imporgli la facoltà di legge e un futuro da avvocato. Nonostante l’opposizione della famiglia Nino riesce a debuttare come attore, insieme all’amico Tino Buazzelli (Stefano Fresi), e si avvia sulla strada che lo porterà ad essere sempre più apprezzato dal grande pubblico. Il film si chiude con la partecipazione di Nino Manfredi a Canzonissima 1959, che ne consacrerà definitivamente il successo.