Il Kosovo in queste ultime giornate è agitato da violenti scontri civili per l’insediamento, contro il volere dei serbi, del premier Kurti. Appena due giorni fa, in occasione di alcune violente proteste davanti al municipio di Zvecan, 30 soldati del contingente Kfor (ovvero le forze della Nato create proprio per garantire la pace all’interno dello Stato), tra cui 11 italiani, sono rimasti feriti dai manifestanti,



Sulle pagine di Repubblica, per capire meglio cosa stia succedendo in Kosovo, è stato intervistato il generale di Divisione Angelo Michele Ristuccia, colui che ha dato l’ordine ai 30 uomini di presidiare il municipio. “Trenta soldati Kfor“, di cui 11 italiani, “hanno subito un vile attacco di guerriglia urbana lunedì 29 maggio. Posso dire che nessuno di loro è in pericolo di vita, si riprenderanno in tempi rapidi”. Spiega che “lunedì avevo predisposto preventivamente un contingente di uomini nelle quattro municipalità a maggioranza serba in occasione dell’insediamento dei sindaci del Kosovo albanesi da poco eletti”, ma specifica che “se oggi non siamo qui a piangere morti tra la popolazione è perché Kfor si è interposta ed è riuscita a riportare la calma”.



Cosa è successo durante l’attacco in Kosovo

Andando avanti nella sua breve intervista, data l’importanza che Ristuccia ricopre per Kfor in Kosovo, ha spiegato anche cosa stia succedendo lì. Un’aggressione scattata perché “15 poliziotti kosovari erano bloccati da ore all’interno di tre mezzi blindati circondati dalla folla, che si stava agitando. La protesta era sfuggita e se fosse intervenuta la polizia la situazione sarebbe degenerata ulteriormente“.

Infatti, spiega che il loro intervento per riportare la calma in Kosovo è previsto “dalle regole di ingaggio del nostro mandato” e che il loro scopo era “permettere ai tre mezzi di andarsene. I nostri uomini”, racconta, “a quel punto sono stati investiti da bombe carta contenenti pezzi di ferro e chiodi, bottiglie molotov e anche colpi di arma da fuoco”. Analizzando, invece, più in generale le numerose e violente proteste che si registrano in Kosovo, il generale spiega che spesso tra le folle ci sono “hard liner, professionisti delle proteste” il cui scopo è aizzare “la folla”.