Ha subìto un paio di rinvii per le ragioni purtroppo note a tutti. Ora, finalmente, è arrivato il momento di incontrare l’arte di uno dei padri della fotografia: Gaspard Félix Tournachon, conosciuto con il soprannome di Nadar (1820–1910). Nella sala espositiva del Centro Culturale di Milano – nell’ambito della sedicesima edizione di Photofestival Milano – vengono esposte 70 opere provenienti da due collezioni private: Collezione Fulvio Magurno e Galleria Cà di Fra.
“Nadar La curiosità dell’amicizia. Alle origini della fotografia” si inaugura con la vernice di mercoledì 20 ottobre, alle 18.30, per terminare il 5 dicembre. In origine la mostra nasceva per celebrare il bicentenario della sua nascita, il valore di quella circostanza storica rimane intatto seppur l’allestimento venga proposto ad appassionati e curiosi in lieve ritardo. D’altronde, anche altri avvenimenti rinviati per gli stessi motivi hanno mantenuto esplicito il richiamo all’anno previsto in calendario.
Nadar è arrivato alla fotografia dopo un percorso non banale e formativo. Dapprima gli riusciva di strappare piccole collaborazioni con pubblicazioni di Lione – la famiglia era riparata lì, abbandonata Parigi, dopo che il padre aveva perso tutto a causa della rivoluzione del 1830, che aveva portato al potere il principe Luigi Filippo – allo scopo di contribuire al mantenimento della famiglia dopo la morte del padre. Il giovane, a 18 anni, prendeva la decisione di fare ritorno nella capitale francese. Bussò a diverse redazioni, qualcosa trovò in una Parigi dove, nonostante il tappo dell’Ancien Régime seppur nella versione timidamente liberale di Luigi Filippo, si anima una nuova generazione di intellettuali che affollava bistrot e café soprattutto dalle parti del Quartiere Latino.
Tra pochi successi e molti insuccessi, seppur contrappuntati da incontri non irrilevanti, Nadar prese la strada di reinventarsi come caricaturista. Il talento e un certo gusto per la satira lo accompagnavano e questo gli permise di lavorare con non trascurabile soddisfazione. I rovesci storici e quindi politici con l’avvento di Luigi Bonaparte lo separò da diversi amici famosi, costretti all’esilio, tra gli altri Victor Hugo. Lui, per sfuggire ad analoga sorte, abbandonò la satira per concentrarsi solo sulla caricatura. Ma non sarà quello il linguaggio espressivo che lo renderà famoso. Piuttosto la fotografia. Ne diverrà un maestro. Roland Barthes nel suo testo fondamentale La camera chiara gli attribuisce il titolo di più importante fotografo al mondo.
La mostra al CMC, curata dalla professoressa e critica d’arte Angela Madesani e ideata dal direttore del Centro Culturale di Milano Camillo Fornasieri con il contributo di Giovanni Chiaramonte, rappresenta un’ottima opportunità di verifica dell’impegnativo apprezzamento di Barthes. Un maestro, certo. Anche nella sua capacità di intuire le straordinarie potenzialità della fotografia quale linguaggio democratico per eccellenza. Come opportunamente ricorda Madesani nel saggio che apre il volume/catalogo intitolato “Nadar. Il tempo della fotografia” (Nomos edizioni) nel quale porta all’attenzione quel che allora scriveva l’artista: «La fotografia è una meravigliosa scoperta, una scienza che evince le intelligenze più elette, un’arte che aguzza gli spiriti più sagaci e la cui applicazione è alla portata dell’ultimo degli imbecilli. (…) A ogni passo potete veder fotografare un pittore che non ha mai dipinto, un tenore senza scritture; e, lo dico, sul serio, del vostro cocchiere come del vostro portinaio m’impegno a fare in una sola lezione altri due operatori fotografici. La teoria fotografica s’impara in un’ora; le prime nozioni pratiche in un giorno».
Ma, in verità, le cose non stanno proprio così. E il buon Nadar ne era conscio. «Quello che non s’impara (…) è il senso della luce (…) è la valutazione estetica degli effetti prodotti dalle luci diverse e combinate – è l’applicazione di questi o quegli effetti a seconda del tipo delle fisionomie che tu artista devi riprodurre (…). Quello che ancora meno si riesce a imparare è l’intelligenza morale del tuo soggetto – è quell’intuizione che ti mette in comunione col modello, te lo fa giudicare, ti guida verso le sue abitudini, le sue idee, il suo carattere, e ti permette di ottenere, non già, banalmente e a caso, una riproduzione plastica qualsiasi, alla portata dell’ultimo inserviente di laboratorio, bensì la somiglianza più familiare e favorevole, la somiglianza intima. E’ il lato psicologico della fotografia, la parola non mi sembra troppo ambiziosa».
Insomma, la faccenda, come si evince da questa dotta e insieme leggiadra spiegazione, è tutt’altro che banale. Si impara ma non solo. O meglio: non basta quello. Infatti a Nadar, come ai talenti rari, come agli sperimentatori, gli è riuscito di tenere insieme intelligenza intuitiva e capacità progettuale. Ben visibile sia nei suoi celeberrimi ritratti e sia quando azzarda con la fotografia aerea. Nadar è una personalità. Attrattiva. Fertile di pensiero. Non a caso Parigi lo vedeva, nella seconda metà del XIX secolo, entrare in rapporto con gli impressionisti rifiutati dai consessi della cultura ufficiale e a cui cede, nel 1874, come scrive Madesani «il suo studio di Boulevard des Capucines per allestire la loro prima mostra».
La mostra al Centro Culturale di Milano è una ricca galleria di ritratti di personaggi molto conosciuti. Diversi di Sarah Bernhardt, famosissima attrice che esordì nel 1862 nella Comédie française per poi spiccare il volo nei più acclamanti palcoscenici teatrali. E poi: da Ernestine Nadar a Gustave Doré; da Théophile Gautier a Honorè Daumier; da Gioacchino Rossini a Eugène Delacroix; da George Sand a Victor Hugo. «Con Baudelaire qui in mostra, il rapporto è particolarmente intenso. Nel corso degli anni Nadar gli dedica cinque ritratti e lo aiuta nei numerosi momenti di bisogno. Baudelaire era spesso al verde e chiedeva all’amico fotografo aiuti economici per tirare avanti”, chiarisce Madesani.
Cinque anni dopo la morte di Nadar, con la Prima guerra mondiale, dall’alto si bombardavano le città. Lui, dall’alto, fotografava per indagare la città. Lassù, da una mongolfiera. Dal cielo regalava un nuovo punto di vista. Un ritratto di comunità. Un clic ispirato da valutazione estetica e intelligenza morale. Anche quelle fotografie curiose. Scatti amichevoli.
“Nadar La curiosità dell’amicizia. Alle origini della fotografia” è in programma da oggi al 5 dicembre 2021; ha il patrocinio di Regione Lombardia e Comune di Milano. Orari: da lunedì a venerdì: 10 – 13/14 – 18.30; sabato e domenica: 15.30 – 19. Ingresso: euro 8; ridotto: euro 5. Riduzione per chi visita la mostra di Claude Monet a Palazzo Reale e viceversa. Green Pass obbligatorio. Per maggiori informazioni: www.centroculturaledimilano.it; telefono: 02-86455162.
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