In Sardegna si trova il terzo radiotelescopio più grande d’Europa. Dotato di una parabola di 64 metri di diametro, è situato a 35 chilometri da Cagliari su un altopiano di 600 metri e, nella sua categoria, è superato soltanto dal telescopio Lovell di Jodrell Bank in Gran Bretagna (76 m) e dal radiotelescopio tedesco Effelsberg (100 m). questo colosso nel 2021 è stato migliorato grazie all’installazione di rivelatori adattati a lunghezze d’onda inferiori, arrivando così a comprendere tutte le lunghezze d’onda superiori a una frazione di millimetro.



Il Sardinia Radio Telescope è stato ammodernato con un progetto dal costo di 20 milioni di euro, di cui 18 milioni provenienti dell’Unione Europea, come ha spiegato Emilio Molinari, direttore dell’Osservatorio astronomico di Cagliari, al quotidiano francese Le Figaro. Alcuni interventi sul radiotelescopio erano stati effettuati già tra i 2017 e il 2018 in quanto la parabola, che da sola pesa 500 tonnellate, tende a deformarsi sotto il suo stesso peso, specialmente quando viene modificata la sua inclinazione. Il Sardinia Radio Telescope sta ora assistendo all’installazione di quattro nuovi tipi di rilevatori, di cui alcuni componenti dovranno essere mantenuti a temperature comprese tra i -170° e i -270°, così che sia possibile osservare l’Universo che, a eccezione delle stelle, è estremamente freddo.



Sardegna, il radiotelescopio record: permetterà di studiare anche supernova e quasar

Il radiotelescopio in Sardegna renderà possibile indagare quella parte di Universo – la maggior parte – che essendo fredda irradia principalmente nella gamma radio. In particolare, potrebbe aprire la strada all’osservazione dei filamenti di gas che collegano le stelle, le nubi di gas da cui nascono questi corpi celesti e molti altri campi di studio. Tra cui anche le radiazioni radio emesse dalle supernova, dai quasar e dai buchi neri stellari. La radioastronomia è una scienza che necessita della collaborazione tra più radiotelescopi, collocati lontano l’uno dall’altro. Per questo motivo i due radiotelescopi italiani di Medicina e Noto vedranno presto l’installazione di un rivelatore particolarmente complesso, attualmente installato sull’SRT, costruito dall’Istituto coreano di Istituto di Astronomia e Spazio e per il 20% del tempo dedicato alle osservazioni condivise.



Come ha spiegato a Le Figaro Élise Egron, ricercatrice francese presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica – Osservatorio di Cagliari, “più alta è la frequenza, più i radiotelescopi sono distanti l’uno dall’altro, più dettagliata è l’immagine della sorgente che stiamo osservando”. Aprendo così la strada a osservazioni ancora più definite ed entusiasmanti per cercare di comprendere l’Universo.