Un incendio di proporzioni devastanti è divampato presso il cimitero degli pneumatici più grande del mondo, ubicato nell’area di Sulaibiya, in Kuwait, e contenente milioni di materiale combustibile. I filmati presenti sul web ben documentano la drammatica situazione, che si traduce in un’infinita e densa colonna di fumo nero, capace di annerire il cielo ceruleo che sovrasta il Paese affacciato sul Golfo Persico. La nube, visibile da numerosi chilometri di distanza dal luogo in cui ha avuto origine il rogo, fortunatamente ha risparmiato la popolazione locale, dal momento che il vento l’ha sospinta proprio in direzione del mare.
Certo, il problema è tale da non poter essere ridimensionato. Stando alle prime indiscrezioni emerse dagli organi di informazione locali, tali pneumatici proverrebbero non soltanto dal Kuwait, bensì anche da altre nazioni, che avrebbero pagato una sorta di gabella al fine di poter “usufruire del servizio”. Un dato più di altri deve stimolare la riflessione: proprio mentre nel Vecchio Continente si pensa all’addio ai veicoli alimentati a benzina e a diesel a decorrere dal 2035, soltanto nove anni fa, proprio in Kuwait, 5 milioni di gomme sono stati deliberatamente dati alle fiamme. La loro combustione, tuttavia, sprigiona diossine cancerogene nell’aria, che possono anche contribuire allo sviluppo di problemi di salute in individui sani, fra cui l’asma.
INCENDIO CIMITERO PNEUMATICI KUWAIT: ANCHE L’ECOSISTEMA POTREBBE RISENTIRNE
Non è tutto. Il fuoco che ha avvolto la discarica, al cui interno sono stoccati complessivamente più di 52 milioni di pneumatici, costituisce una minaccia non indifferente per gli equilibri propri dell’ecosistema, che potrebbe risentire del rilascio delle sostanze velenose e nocive nell’etere. L’auspicio è che nelle prossime settimane, quando probabilmente le stime inerenti all’accaduto (inclusi i rilevamenti della qualità dell’aria) saranno più accurate, non si sia costretti a descrivere il fenomeno come l’ennesimo disastro ambientale.
Peraltro, un interrogativo sollevato da più parti riguarda l’opportunità di stoccare milioni di pneumatici in uno Stato soggetto a temperature decisamente elevate. Vero è che gli pneumatici hanno la capacità di tollerare livelli di calore difficilmente immaginabili e descrivibili, però non si possono non considerare gli episodi analoghi accaduti in passato, proprio in aree desertiche come quella di Sulaibiya. Il futuro del nostro pianeta passa anche da “sviste” colossali come questa.