MINNEAPOLIS – Un incendio nel Bronx, quel borough di New York City malfamato anche al di là dei suoi “meriti” reali, popolato da un milione e mezzo di essere umani, per lo più di colore. Lassù, a nord di Manhattan. Tanti immigrati, tutti accalcati in quegli enormi casermoni che sembrano scatole rivestite di mattoncini color ruggine. Scatole rivestite, ma fatte sostanzialmente di legno e cartongesso e per questo così facilmente preda del fuoco. Come è successo l’altro giorno. Così sono costruiti la maggior parte degli edifici da queste parti. In tutti gli Stati Uniti, anche nelle grandi città come New York, l’ossatura delle case (a parte i grattacieli) è tutta fatta di legno e il corpo di cartongesso.
A cosa credete che servano tutte quelle fire escapes, quelle scale anti-incendio che fanno bella mostra di sé in tanti film? E se i pompieri li chiamiamo firefighters, coloro che combattono il fuoco, e heroes, eroi, una ragione c’è, così come hanno ragione di essere il loro numero (15mila), il numero di trucks and engines, i loro camion (350), le loro Fire Stations (254) sparse su tutto il territorio. Eroi perché rischiano davvero. E a volte perdono la vita per salvare quella altrui.
Quello di domenica è stato uno dei peggiori incendi di sempre nella storia di questa città. Diciannove vittime, tra cui nove bambini, probabilmente tutti immigrati, la maggior parte provenienti dal Gambia. Sembra proprio che quel palazzo fosse un piccolo rifugio per questi africani. Quando si arriva in terra straniera si cerca sempre un luogo che possa offrire qualcosa di familiare, dove c’è qualcuno che parla come me, mangia come me, prega e vive come me. Fuggiti alla povertà per trovare la morte nella nuova terra promessa, a New York, a 6.500 km da casa. I duecento firefighter accorsi immediatamente domenica mattina hanno fatto tutto quel che hanno potuto per contenere le fiamme e portare in salvo da fuoco e fumo coloro che erano rimasti imprigionati. Ma quel grande scatolone di casa per tanti si è rivelato una trappola da cui è stato impossibile fuggire.
Il palazzone al 333 East della 181 Street con i suoi 120 appartamenti era stato costruito nel 1972 con fondi governativi. Per questa ragione – così è emerso ieri – non doveva necessariamente attenersi alle norme anti-incendio imposte dalla città di New York. Tanto per cominciare non aveva uscite di sicurezza, era stato costruito senza e senza è rimasto per cinquant’anni.
Eric Adams e Kathy Hochul, rispettivamente il nuovo sindaco della città e la nuova governatrice dello Stato, cominciano il loro mandato trovandosi di fronte a una tragedia. Magari – ce lo auguriamo – saranno bravi nel disporre un piano di assistenza per tutte le persone colpite e bravi anche a mettere in moto una qualche commissione per individuare eventuali responsabilità e possibilmente porre in essere provvedimenti atti ad evitare il ripetersi di disastri simili. Ma soprattutto speriamo che attraverso queste mosse e al di là di esse, attraverso le loro parole, attraverso il loro sguardo su quel che accade nella normalità, nella grandezza e nella drammaticità del quotidiano, New York trovi dei leader innamorati della vita propria e quindi di quella altrui. E per questo capaci di segnare la strada nel faticoso e doloroso cammino di questi tempi.
God Bless America!
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