Si ritorna a parlare di rottamazione e la questione sul tavolo è sempre la stessa: spingere le auto elettriche o rinnovare il parco auto? Se l’obiettivo del provvedimento è quello di far ripartire un settore che dà lavoro a milioni di persone e contribuisce al Pil italiano per l’11%, alle prese con una crisi che non ha precedenti, non dovrebbero esserci dubbi. Non costerebbe neppure molto, perché la rottamazione copre abbondantemente i costi dell’incentivo con i maggiori introiti di Iva. Ma, in questo caso, non si potrebbe fare a meno di concederla a chiunque abbia una vecchia auto, diciamo di almeno dieci anni, e per qualsiasi tipo di motorizzazione, magari graduando l’entità dei supporti economici a seconda della motorizzazione.
Se invece si vuole solo appiccicarsi addosso una etichetta green dimenticando le persone che lavorano e le aziende che hanno investito nel settore, puntando a rispettare i parametri del protocollo di Kyoto o la decarbonizzazione stabilita in Europa, allora è naturale andare all in sull’elettrico o l’ibrido, come, del resto, ha già fatto il Governo lo scorso anno, cercando di aumentare gli incentivi per riuscire a rendere competitive le auto a batterie almeno nel prezzo.
Ma cos’è successo lo scorso anno in Italia dopo l’introduzione degli incentivi green? Poco o nulla. Sono state vendute circa 1.535 ibride plug in e 5.663 auto elettriche in più rispetto al 2018. Inoltre, la maggior parte – almeno due terzi – di queste vetture sono state acquistate dalle flotte aziendali e dai noleggi a breve termine. Questi numeri, poi, si riducono ulteriormente se dal totale si tolgono tutte o quasi quelle auto elettriche delle gamme premium che sono costate oltre 61 mila euro, Iva compresa, escluse dagli incentivi. Quindi non stiamo parlando di nulla o quasi e ci sarà un motivo, non solo economico, per il quale gli automobilisti in Italia, in Europa, nel mondo non comprano l’auto elettrica. Magari la prendono in considerazione, ma poi non la comprano.
L’elenco è il solito: autonomia, tempi di ricarica, problemi tecnici e geografici. Se abiti in Irpinia o in Maremma devi tornare a casa per ricaricare e se non hai trasformato la tua residenza in una centrale elettrica, almeno per una dozzina d’ore sei a piedi. Anche per questo, facendo un bilancio dei vecchi incentivi, si può tranquillamente dire che sono serviti poco o nulla. Un paio di migliaia di automobilisti che volevano e potevano acquistare un’auto ecologica è stato aiutato, il parco italiano dei veicoli è rimasto lo stesso con la sua anzianità media altissima. L’inquinamento non è sceso di un’unghia, forse perché in Italia continuano a essere usate circa 37 milioni di vetture tra le quali oltre il 20% è ante Euro 3 e ha, quindi, oltre 17 anni, che emette ogni genere di inquinanti in misura largamente superiore ai modelli prodotti oggi.
La logica, la salute pubblica e gli interessi collettivi spingono nella direzione di incentivi alla rottamazione per l’acquisto di ogni tipo di motorizzazione nuova. Ma se, dopo le schermaglie di questi giorni in commissione Bilancio, dovesse arrivare in Parlamento un provvedimento che tenesse conto del bene del Paese e fosse votato, magari anche solo dopo che è stata posta la fiducia, i politici italiani riuscirebbero a sorprenderci. Ma si sa, anche un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno.