È un ex direttore operazione volo, un capo pilota e un capo addestramento. Gianni Guiducci riassume, con la sua personalità, la figura di chi sugli aerei ci è stato certamente per professione, che però è nata da un incredibile ricordo infantile, da ragazzino. Ma quello che ti stupisce, parlandoci insieme, è l’innata passione che ancora ha per il volo, per il futuro dell’aviazione, degli aerei. Quasi non si riesca a distinguere, nelle argomentazioni di Guiducci, il futuro dell’umanità con gli spostamenti rapidi attraverso i cieli dell’intero pianeta.
Sul futuro di questa incredibile realtà, che ha reso il mondo più “piccolo”, che ha consentito forme di integrazione che solo all’inizio del secolo scorso nessuno poteva immaginare, abbiamo fatto una serie di domande a Guiducci, dividendole in due interviste. Ecco la prima, che sembra un racconto sul futuro prossimo venturo.
Quella a cui si assiste, in questi anni, è una fase più acuta della globalizzazione, che è un fenomeno millenario, continuo. Gli storici individuano nel 1500, con la scoperta delle Americhe e la circumnavigazione dell’Africa, il periodo della prima grande fase. Non esisteva ovviamente l’aereo, comandante Guiducci, e gli spostamenti o le grandi trasmigrazioni erano tutte via mare o terra. Ma ormai da più di un secolo si vola e ci si sposta a una velocità un tempo impensabile. Le possiamo chiedere quale ruolo avrà, nei prossimi anni della seconda fase acuta di questo fenomeno di globalizzazione e di questi continui spostamenti, l’aviazione civile?
È una domanda molto interessante. Credo che se la pongano tutte le grandi menti del settore aeronautico, poiché i piani necessari e le realizzazioni pratiche richiedono anche anni. Intendo: lo sviluppo di sistemi di navigazione ancor più precisi; motori più affidabili e a consumo ridotto; per non parlare di propulsione elettrica; apparati a “intelligenza artificiale”, che possano aiutare i piloti nello svolgimento del loro lavoro. Ritengo che si cercherà di semplificare tutte le operazioni di terra (presentazione, check-in, imbarco/sbarco e riconsegna dei bagagli ) restringendo i tempi, ora ancora lunghi per espletarli, riducendo le attese dei passeggeri. Si parla di un accrescimento dei voli al ritmo del 5-10% annuo. Le cifre si aggirano sulla necessità di 600mila nuovi piloti nei prossimi 20 anni nel mondo; 95mila in Europa entro il 2037.
Lei è un veterano del volo. Ha cominciato a volare nel 1965. La sua attività ha compreso: lancio paracadutisti, istruttore di volo a vista, istruttore di volo strumentale e notturno, istruttore teorico, pilota autorizzato alle aviosuperfici semipreparate, volo alianti, istruttore di simulatore. Lei è un comandante in grado di dare suggerimenti e di fare previsioni sul futuro. Prevedendo un sempre maggior uso dell’aereo, lei guarderà soprattutto alla preparazione dei piloti e alla sicurezza dei voli. Come li possiamo giudicare al momento?
Al momento attuale, la gran parte dei piloti proviene da addestramenti partenti da AeroClub o dall’Aeronautica Militare, dove – grado dopo grado, esperienza dopo esperienza – il pilota passa dal semplice monomotore, ove vola da solo, ad aerei sempre più sofisticati. Tale crescita garantisce una più lunga, fluida immagazzinazione ed esperienza, fatta di successi ed errori, cause ed effetti; dovendo contare solo su se stessi. Ai giorni nostri la tendenza, per creare nuovi piloti professionisti, segue una diversa filosofia sollecitata dal risparmio: impartite le prime nozioni teoriche e pratiche per un tempo piuttosto breve. Il pilota continua il suo addestramento direttamente sul tipo di aereo di linea col quale lavorerà. Anche in questo caso in tempi brevi. Ciò può avvenire grazie alla presenza di automatismi sempre più tecnologici e ridondanti, che sostengono il lavoro del pilota e al fatto che esso non sarà mai solo, ma sempre in compagnia di un altro pilota (istruttore, comandante). La domanda che però io mi pongo da tempo è: e se i vari computer dovessero andare tutti in avaria ( fulmine – avaria elettrica totale – contrasto tra computer e apparati ) e l’altro pilota sta male?
Che risposta si è dato?
In questi giorni AirBus si sta interessando attivamente a tale situazione. In alcuni incidenti e nell’occasione di alcune avarie, il comportamento (le reazioni) ha dimostrato che (parole loro) si è trattato di “qualità inconsistente dell’addestramento”. Anche i due incidenti occorsi al B737 MAX hanno sottolineato che la tecnologia non sempre è sufficiente a risolvere tutti i problemi. Ora hanno deciso un addestramento di ben 21 giorni, il cambio del software e la possibilità, da parte del pilota, di superare la forza del computer (pilota automatico) potendo agire in contrasto all’automatismo.
Scusi l’insistenza e la nostra ignoranza in materia, ma lei è un comandante istruttore e quindi in grado di darci una riposta indicativa. A suo parere, quanto tempo occorre e quali qualità sono necessarie per avere un buon pilota, un pilota affidabile di aviazione civile?
I tempi di addestramento variano da scuola a scuola, da Authority ad Authority. Come dicevo prima, AirBus sta cercando di uniformare tale aspetto. È sua intenzione mettere tutte le organizzazioni attorno a un tavolo e prendere delle decisioni per uniformare l’addestramento standard in termini di qualità e tempi. La crescita professionale si concretizza giorno dopo giorno, avventura dopo avventura, piccola avaria dopo piccola avaria. Se il pilota impara prima con pochi strumenti e successivamente con tecnologia sempre più numerosa, ha il tempo di acquisire quel controllo generale fatto di decisioni, valutazioni, coordinamento, che la mente immagazzina col tempo. È come il musicista che ripete lo stesso pezzo per centinaia di volte, finché le dita vanno da sole.
Faccia un esempio.
Su un monomotore il pilota ha solo i comandi di volo con cui portare l’aereo. Lui decide cosa fare, mentre mantiene l’assetto del velivolo. È come quando guidate in autostrada, impercettibilmente agite in continuazione su volante e acceleratore per mantenere la vostra corsia e velocità. Quando si passa su un bimotore leggero, spesso c’è un pilota automatico piuttosto semplice (mantenimento della quota, mantenimento della prua e poco altro). Ora ha la possibilità di essere più rilassato non dovendo continuamente intervenire sui comandi per mantenere l’assetto dell’aereo. Molte autovetture hanno il mantenimento automatico della velocità e la correzione della traiettoria se vi avvicinate alle strisce che delineano la corsia. Ma negli aerei di linea, gli automatismi fanno quasi tutto. Sono sì utili, precisi e affidabili, ma – giorno dopo giorno – portano a far fare ad essi e si ha perdita di manualità e coordinamento del pilota. Anche su tale aspetto è intervenuta AirBus. Deve essere una comodità, un aiuto, non deve prendere il sopravvento.
C’è stato a un certo punto, in questi ultimi anni, una sensazione diffusa soprattutto nell’opinione pubblica. Grandi compagnie aeree “scomparivano” e in genere si fondevano in grandi multinazionali, o venivano inglobate dalle più grandi. Al contempo sorgevano le compagnie soprannominate “low cost”, proprio quelle che usano tanti ragazzi per viaggiare. Allora, la sensazione era questa: che si moltiplicassero i voli, che si facilitasse l’uso dell’aereo, ma che si guardasse soprattutto non solo al costo basso da offrire ai nuovi clienti, ma anche all’abbattimento dei costi di gestione. Era una sensazione del tutto infondata?
Ritengo che i controlli da parte delle Authority siano efficienti e possano tranquillizzarci, in termini di effettuazione della manutenzione. Tutti avrete notato che una volta un po’ tutte le compagnie offrivano biscotti e bevande. Le low cost solo a pagamento. Alcuni individui hanno delle intuizioni rispetto al trend generale fino a quel punto ritenuto efficiente. Faccio un esempio: un po’ tutte le compagnie usavano far scendere tutti i passeggeri prima di far iniziare le pulizie della cabina, tra il volo di arrivo e la successiva partenza. Una delle più rinomate low cost (o meglio il suo vulcanico amministratore delegato) ha cambiato sistema. Ha fatto sì che tutti i passeggeri scendano dalla porta anteriore; alcuni assistenti di cabina seguono gli ultimi della fila effettuando il controllo degli eventuali oggetti smarriti; dietro di loro (saliti dalla porta posteriore) seguono gli addetti alle pulizie. Risultato a costo zero: sensibile riduzione dei tempi di scalo.
Scusi se parliamo ancora del futuro. È ovviamente inevitabile che gli aerei entreranno nella grande trasformazione tecnologica che sta caratterizzando questa nuova epoca. Tutto ciò che cosa comporterà? Maggiore velocità di spostamento? Maggiori garanzie di sicurezza? Si parla spesso di intelligenza artificiale, sembra il futuro prossimo venturo. Ma che cosa potrebbe cambiare a bordo di un aereo, nella composizione stessa di un equipaggio?
Ha ragione, viviamo già nel futuro. Giusto pochi giorni fa leggevo degli avanzati studi (e prove materiali) di AirBus per implementare l’“intelligenza artificiale” sui prossimi aerei. Sarà affidata a quest’ultima la gestione quasi totale delle fasi del volo. Stanno già ventilando l’idea di far salire a bordo un solo pilota. Contemporaneamente rileggevo articoli su tale tema dove rappresentanti dei piloti spiegavano come sia molto più sicuro il volo con due piloti. Quando ero più giovane, a bordo del lungo raggio salivano: il comandante, il primo ufficiale, il navigatore e il motorista. Su tali aerei vi erano già due “piattaforme inerziali”, nel senso che la strumentazione era già sufficientemente moderna, affidabile e precisa. Prima tolsero il navigatore, tanto c’erano le piattaforme; poi tolsero il motorista, tanto il comandante aveva le manette a portata di mano e avevano automatizzato gran parte dei sistemi di bordo; ora con la AI vogliono togliere il primo ufficiale; poi… rimarranno solo i computer. Speriamo che non siano come Hal 9000 di Odissea nello spazio, ricordate? “Io sono esente da errori… errori… errori… errori…”.
1 – continua
(Gianluigi Da Rold)