Dopo le interviste del comandante pilota Gianni Guiducci al Sussidiario sull’addestramento dei piloti di aereo, in migliaia di lettori è aumentata la curiosità sugli argomenti trattati. Alcuni ci hanno contattato per avere delucidazioni più approfondite.
Comandante Guiducci, può in maniera semplice approfondire l’argomento?
Posso farle un esempio più dettagliato. Confrontandomi con alcuni colleghi, mi sono accorto che un argomento aeronautico non è perfettamente conosciuto. Si tratta di quelli che si chiamano gli avvicinamenti non di precisione.
Mi scusi, Guiducci, ma di che cosa si tratta?
Di norma, si atterra utilizzando il sistema strumentale di precisione (Instrument Landing System o simili) che permette al pilota, tramite gli strumenti di bordo, di trarre indicazione sulla sua posizione riguardo all’allineamento rispetto alla pista e contemporaneamente riguardo alla discesa dell’aereo. Tutto questo si realizza con due lancette, una indica al pilota se è allineato, a destra o a sinistra, l’altra lancetta indica se è lungo la discesa ottimale, oppure sopra o sotto di essa. Quando le circostanze (mancanza di un sistema di precisione) richiedono di effettuare l’avvicinamento/atterraggio con un sistema non di precisione, si possono utilizzare solo indicazioni riguardo all’allineamento con la pista e non rispetto alla discesa. Proprio lungo la fase di discesa finale, l’aereo raggiunge un punto nominato “Visual Descent Point” (punto di discesa visuale) ove l’ideale discesa attraversa l’altitudine più bassa che garantisce la separazione dagli ostacoli. Da tale punto il pilota deve avere in vista la pista e le luci di avvicinamento, elementi che gli consentono di valutare se l’aeroplano si trova in una posizione che permette di proseguire in piena sicurezza, altrimenti sarà necessario riattaccare, ovvero aumentare il regime dei motori, salire e seguire le rotte del mancato avvicinamento.
Come si è svolto il suo approfondimento su questo punto?
Per conoscere lo stato dell’arte (estendibile a tutto il mondo), tramite dei volonterosi colleghi, in Italia e all’estero, abbiamo fatto una statistica, fornendo uno scenario e lasciando all’intervistato di scegliere quali serie di manovre effettuare. Per ampliare tale studio, ho anche fatto stampare un sondaggio su un quotidiano. Raccolto un sufficiente database, abbiamo riscontrato che hanno risposto in maniera errata (o quanto meno discutibile) il 43% degli intervistati. Per conoscere ancora più dettagliatamente la situazione, abbiamo posto una seconda domanda: nello stesso scenario, ma durante un volo per diletto (velivolo privato, aeroclub) ove il pilota non è obbligato a seguire quanto richiesto dai manuali della compagnia. Le risposte errate sono salite al 64%. Va aggiunto che, di quel 57% che ha risposto giusto alla prima domanda, il 58% di essi ha risposto erroneamente riguardo allo scenario “per diletto”. Possiamo affermare che essi diligentemente si attengono alle regole impartite dai manuali e dalle compagnie, ma se potessero fare come credono più giusto (come secondo loro si potrebbe fare) essi sbaglierebbero qualche cosa. Si comportano giustamente ma non sanno il perché. Le risposte errate (o discutibili) rappresentano la preoccupazione di partenza: essi sono allenati, ma non addestrati.
Con quale frequenza si utilizzano questi particolari avvicinamenti?
Per quantificare la situazione, ho chiesto a un collega che tiene una traccia precisa della sua attività di fornirmi altri dati. Egli vola in una compagnia che si può definire media. Nel suo settore, corto/medio raggio (circa 90 aerei), i colleghi di pari grado sono oltre 460, ognuno di essi effettua circa 400 voli all’anno. Negli ultimi cento voli (periodo invernale) da lui effettuati, gli avvicinamenti non di precisione sono stati il 14% del totale. Veniamo così a ottenere un quantitativo annuo pari a 184.000 avvicinamenti, di cui 25.760 non di precisione. Il 43% di tale cifra corrisponde a 11.077 avvicinamenti potenzialmente errati. Poiché spesso le condizioni meteorologiche sono favorevoli, possiamo ipotizzare che solo un terzo sia in condizioni marginali. Quelli che potremmo definire potenzialmente rischiosi scendono a 33.692. Se ipotizziamo che tutti questi dati corrispondono alla realtà in tutto il mondo, basta moltiplicare 3.692 per il numero di compagnie, di pari consistenza, di cui conoscete il nome.
Quali suggerimenti può dare?
Secondo me va affrontato il problema. La preoccupazione non è che diversi piloti non siano addestrati sufficientemente su tale procedura, basta un corso di alcune ore. Ciò che stupisce è che coloro che li devono addestrare, chi li deve controllare e gli organi dell’Authority, non si siano accorti della situazione.
(Gianluigi Da Rold)