INCHIESTA SU ALITALIA: I NUMERI. Mentre si avvicina al decollo societario la nuova compagnia di bandiera statale, il mercato italiano del trasporto aereo è ancora ben distante dal vedere segni di un futuro ritorno alla normalità. Abbiamo visto in una precedente occasione come il livello di traffico aereo sui cieli italiani fosse nelle prima settimana di ottobre solo il 43% di quello di un anno fa, una percentuale di poco inferiore al 45% relativo a tutto lo spazio aereo europeo. A sua volta Alitalia, col 38% di voli realizzati rispetto all’anno prima e due terzi dei suoi dipendenti in cassa integrazione, mostrava una ripresa dell’offerta più lenta rispetto al dato generale italiano. 



Questi dati generali, ricavati da Eurocontrol, l’ente europeo preposto al coordinamento del traffico aereo, non tengono tuttavia conto delle differenze interne e dei cambiamenti, ma forse dovremmo dire sconvolgimenti, che la crisi sanitaria ha prodotto nei singoli mercati aerei nazionali, tra cui quello italiano, di evidente maggior interesse per noi. Le certezze sul trasporto aereo a cui ci eravamo abituati prima del virus sono state infatti completamente capovolte. Proviamo a vedere le principali:



1) Il lungo raggio era il segmento più profittevole e dunque anche di maggior interesse per i vettori aerei tradizionali, grazie alla minor penetrazione dei vettori low cost e all’assenza di gran parte dei vantaggi competitivi per i medesimi.

2) In conseguenza i vettori che avevano puntato di più sul lungo raggio, investendo in flotte crescenti e qualitativamente adeguate, erano anche quelli di maggior successo. E quelli che non lo avevano fatto, come la nostra Alitalia, si trovavano in crisi profonda e per diversi analisti anche irreversibile.

3) Il segmento dei voli europei era ormai appannaggio profittevole dei maggiori operatori low cost, godendo i medesimi di vantaggi competitivi non replicabili.



4) Ai vettori tradizionali non restava in conseguenza che coprire i collegamenti con le principali capitali per la propria clientela business e, solo nel caso dei maggiori e più robusti vettori network, realizzare anche eventualmente in perdita collegamenti dai propri hub verso gli aeroporti degli altri Paesi al fine di “pescare” clientela estera per i propri profittevoli collegamenti di lungo raggio.

5) Anche il segmento dei voli domestici era in progressivo declino per i vettori tradizionali, stretti tra la concorrenza dei grandi vettori low cost estesa ai cieli domestici e quella dei treni ad alta velocità. In conseguenza ai vettori tradizionali conveniva concentrarsi sui collegamenti nazionali di feederaggio verso il proprio hub, evitando di perdere soldi continuando a collegare aeroporti minori. Eventualmente questo compito poteva essere lasciato a un vettore low cost creato all’interno del gruppo del vettore di bandiera.

Vediamo ora, con l’ausilio di alcune fotografie in forma di grafico dei diversi segmenti del mercato italiano, come queste certezze non abbiano superato l’onda generata dalla crisi sanitaria.

Grafico 1 – Voli sul segmento domestico dell’Italia (dati in migliaia)

Fonte: Assaeroporti

Il Grafico 1 riporta il numero totale dei voli domestici effettuati in Italia nei dodici mesi del 2019 e nei primi otto del 2020. La linea rossa riferita all’anno in corso evidenzia sia la quasi totale scomparsa del traffico aereo nei mesi del lockdown, sia una ripresa evidente nei mesi estivi che ha riportato in agosto il livello totale dei voli almeno allo stesso livello dello scorso febbraio anche se parecchio distante dal picco stagionale estivo del 2019. Vediamo ora il grafico corrispondente per il segmento dei voli internazionali infra UE.

Grafico 2 – Voli sul segmento internazionale infra UE dell’Italia (dati in migliaia)

Fonte: Assaeroporti

In questo caso la linea blu del 2019 evidenzia la grande stagionalità, dettata dal carattere prevalentemente turistico della domanda di spostamenti tra paesi europei differenti (i voli nei mesi estivi sono quasi il doppio di quelli nei mesi invernali). La linea rossa del 2020 evidenzia invece un recupero solo parziale, e pari a poco più di due terzi, dei voli persi col lockdown: a differenza del segmento domestico il dato di agosto risulta ancora molto distante dal livello di febbraio, oltre che al di sotto della metà rispetto al picco stagionale dello scorso anno. Passiamo infine al segmento dei voli internazionali extra UE, i quali comprendono tutto il lungo raggio intercontinentale ma anche i collegamenti con Paesi europei che non aderiscono all’Unione.

Grafico 3 – Voli sul segmento internazionale extra UE dell’Italia (dati in migliaia)

Fonte: Assaeroporti

Per i voli extra UE la linea rossa del 2020 evidenzia un recupero estremamente parziale degli effetti del lockdown, pari solo a un terzo della riduzione avvenuta dopo febbraio. I voli totali di agosto sono stati infatti meno di un quarto rispetto al picco stagionale dello scorso anno. Il Grafico 4 riepiloga il differente percorso di recupero dell’offerta di voli nei tre segmenti di mercato appena esaminati. Le tre linee rappresentano infatti i voli realizzati nei mesi trascorsi del 2020 in percentuale dei voli realizzati nel mese corrispondente dello scorso anno. Si può dunque vedere come nel segmento domestico fosse stato recuperato in agosto il 70% dei voli realizzati nell’agosto precedente, nel segmento infra UE solo il 44% e nel segmento extra UE appena il 22%, tra l’altro con una brusca battuta d’arresto in agosto rispetto a luglio. Sono evidenti in questo segmento gli effetti delle restrizioni ai collegamenti coi paesi extra UE che in estate hanno continuato a essere maggiormente interessati dall’epidemia virale.

Grafico 4 – Grado di recupero dell’offerta di trasporto aereo (voli 2020 in % dei voli 2019)

Fonte: elaborazioni su dati Assaeroporti

L’analisi sin qui svolta ha riguardato l’offerta di voli e il suo grado di recupero dopo gli effetti del Coronavirus, ma essa non è in grado di darci risposte in relazione ai comportamenti della domanda: una volta che le compagnie aeree hanno ripristinato i voli i passeggeri hanno anche ripreso a viaggiare? Sono effettivamente saliti a bordo oppure hanno lasciato che gli aerei viaggiassero vuoti o quasi? Per rispondere bisogna estendere l’analisi precedente anche al lato della domanda e, nuovamente, è opportuno farlo in maniera distinta per i differenti segmenti di mercato.

Il Grafico 5 è dedicato al mercato domestico e mette a confronto il grado di recupero dell’offerta, misurata col numero dei voli, col grado di recupero della domanda, misurata col numero dei passeggeri. Come si può osservare, il recupero è andato in parallelo e in agosto il livello dell’offerta era risalito al 70% e quello della domanda al 67%.

Grafico 5 – Mercato domestico: grado di recupero dell’offerta e della domanda

Fonte: elaborazioni su dati Assaeroporti

Non altrettanto può dirsi per il mercato internazionale infra UE, ove il recupero della domanda è stato più lento, soprattutto nei mesi estivi, del già parziale recupero dell’offerta. Le due linee del Grafico 6 tendono infatti ad allontanarsi al passare dei mesi, segnalando aerei sempre meno pieni di passeggeri nel corso del tempo.

Grafico 6 – Mercato internazionale infra UE: grado di recupero di offerta e domanda

Fonte: elaborazioni su dati Assaeroporti

Ancora peggio è andata tuttavia al mercato internazionale extra UE, ove il recupero dell’offerta è stato il più limitato tra i diversi segmenti, come visto in precedenza, ma quello della domanda ha assunto dimensioni del tutto trascurabili, come illustrato nel Grafico 7: se i voli nel mese di agosto 2020 sono stati solo il 22% di quelli di agosto 2019 i passeggeri sono stati invece solo l’11%, segnalando in conseguenza un numero di passeggeri medi per volo dimezzato rispetto allo scorso anno. In sostanza il timido tentativo di rilancio del lungo raggio si è rivelato un flop.

Grafico 7 – Mercato internazionale extra UE: grado di recupero dell’offerta e della domanda

Fonte: elaborazioni su dati Assaeroporti

A questo punto possiamo esaminare quanti passeggeri erano in media presenti a bordo per ogni volo effettuato nell’ultimo mese disponibile, agosto, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Si tratta infatti di un numero chiave, in grado di darci informazioni di massima sulla sostenibilità economica o meno del volo in oggetto. Dal Grafico 8 vediamo che mediamente i voli domestici realizzati in agosto sul mercato italiano avevano 118 passeggeri a bordo, un numero non molto differente dai 123 dello stesso mese dell’anno precedente e che può essere considerato compatibile con l’equilibrio economico del volo in oggetto.

Grafico 8 – Passeggeri in media per volo effettuato sul mercato italiano

Fonte: elaborazioni su dati Assaeroporti

Non altrettanto si può dire per i voli infra UE per i quali il dato medio di 89 passeggeri a bordo nello scorso agosto è del 37% inferiore rispetto ai voli di un anno prima. Vi può essere equilibrio economico per un volo con così pochi viaggiatori? E molto poco probabile e in ogni caso proprio no per vettori, siano essi tradizionali o low cost, che utilizzano aerei da 150 o 180 posti. Essi avrebbero nel primo caso un load factor medio del 60% e nel secondo caso solo del 50%. Sono valori coi quali nessun gestore è in grado di guadagnare, né tradizionale, né low cost, abituato in questo secondo caso a load factor anche maggiori del 90%. Sicuramente in perdita, infine, i voli extra UE, tra cui in primo luogo quelli a lungo raggio. Su tali voli i passeggeri mediamenti presenti si sono più che dimezzati da un anno all’altro, scendendo da 172 a 85. È un dato incompatibile con qualunque ipotesi di equilibrio economico.

In sintesi:

1) I vettori network, che prima della crisi più volavano sul lungo raggio più guadagnavano, ora più volano e più perdono.

2) I vettori low cost che prima guadagnavano, da poco a molto, sui collegamenti infraeuropei ora non sono più in grado di farlo.

3) L’unico segmento che potrebbe essere rimasto potenzialmente profittevole è il breve raggio domestico, tuttavia presente solo nei Paesi di maggiori dimensioni. Esso gioca però a favore dei low cost presenti e solo in seconda battuta sui vettori tradizionali, purché siano ovviamente in grado di reggere il confronto. Non è questo il caso di Alitalia, zavorrata tuttora da costi fuori mercato.

(2- continua)

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