A distanza di una settimana dal precedente contributo rieccoci a fare il punto sulla lunga vicenda di Alitalia, che il Sussidiario segue con continuità e precisione dal lontano 2008. Ci sono state novità rilevanti? Nella sostanza sembrerebbe di no, anche se esse erano attese, soprattutto in relazione all’incontro di venerdì scorso tra i ministri del Governo italiano che seguono il dossier e il Commissario europeo alla concorrenza Vestager. Intanto sui costi pubblici della crisi di Alitalia si inseguono le cifre più disparate, ma poiché l’obiettivo non è di giocarci i numeri al lotto, bensì di aver un quadro preciso della situazione, è utile dare i numeri precisi al posto di quelli esagerati, spesso impropriamente usati da chi non vedrebbe l’ora di chiudere Alitalia e buttare le chiavi. Si tratta ovviamente di un’opinione legittima e che va rispettata, ma essa non può basarsi su dati imprecisi, in grado di orientare in maniera non corretta l’opinione pubblica.
I ministri incontrano il Commissario Vestager. Grande attesa da parte dei media italiani, ma il vertice di venerdì scorso sembra essersi concluso senza decisioni. Dobbiamo essere delusi? Era in realtà poco realistico ipotizzare un esito differente, trattandosi del primo incontro con la Commissione Ue dopo il debutto del nuovo Governo, tra l’altro il primo che io sappia dal commissariamento di Alitalia nel 2017 ad aver visto la partecipazione collegiale di tutti i ministri interessati al dossier. Come si poteva pensare che si sarebbe arrivati a un esito definitivo già in questa occasione? Però non sapendo i media cosa scrivere qualcuno ha titolato sul web “Alitalia: la Commissione Ue collaborerà con Roma”, lasciando spazio a una facile battuta: meno male che collaborerà con Roma, noi già temevamo che volesse collaborare con la nemica Cartagine.
Ma Vestager insiste col mantra della discontinuità. L’unica informazione di rilievo che è emersa è della portavoce della Commissaria Ue: “Vestager ha messo in chiaro ripetutamente che, per evitare che la compagnia erede di Alitalia debba restituire gli aiuti ricevuti dallo Stato, occorre che ci sia una vera discontinuità tra la vecchia Alitalia e la nuova società in materia di asset, dipendenti e marchio”. Qui confesso che l’argomento mantra della discontinuità, questa delenda Cartago della vecchia Alitalia necessaria per evitare che debba rimborsare i prestiti pubblici e appesantire la nuova non solo non mi convince, ma non riesco neppure a capirla. Diverse le ragioni:
1) Da contribuente e da liberale sono per la restituzione dei prestiti, né penso che l’obbligazione giuridica si attenui se il creditore è lo Stato.
2) I prestiti non sono conformi alle regole europee (cosa che io scrissi già tre anni fa)? Ok, allora perché la Commissione Ue non si è espressa subito in maniera negativa al riguardo, dopo i primi 600 milioni? Perché non ha evitato che salissero prima a 900 e poi a 1.300? Nel lontano 2008 le bastarono cinque mesi per stabilire che il prestito ponte ad Alitalia (di soli 300 milioni) violava il trattato europeo, qui invece sono già passati 45 mesi, quasi quattro anni, senza che alcuna decisione sia stata presa… Non sarebbe forse meglio affidare l’antitrust europeo a un organismo indipendente, come avviene in tutti i Paesi membri, anziché a un esponente del governo comunitario, equivalente a un ministro di un governo nazionale e di nomina politica?
3) Se occorre fare a pezzi Alitalia per garantire la discontinuità è ragionevole prevedere che il valore complessivo dei pezzi venduti separatamente sarà sensibilmente inferiore al valore dell’azienda nell’ipotesi della cessione unitaria. In questo modo si danneggia tuttavia la capacità di rimborso dei prestiti pubblici, erogati a suo tempo con rimborso prioritario rispetto a tutti gli altri.
4) Poiché Alitalia in amministrazione straordinaria ha consumato tutti i prestiti ricevuti dallo Stato con le perdite gestionali non è in grado di rimborsare alcunché. Tuttavia le restano alcune cose di valore che sono proprio gli asset patrimoniali che dovrebbero essere venduti spezzettati. Perché allora non si usano direttamente questi per un rimborso ancorché parziale dei prestiti, trasferendone la proprietà allo Stato? Sarò poi lo Stato a scegliere il modo migliore per valorizzarli sul mercato (spezzettati, interi o affidati a un newco in grado di volare, pubblica o privatizzanda).
Quanti fantastilioni è costata sinora Alitalia? Questa domanda paperoniana sembra assillare molti commentatori e media, nella duplice versione dal commissariamento oppure dalla notte dei tempi. I numeri che si son letti sono i più disparati e di essi neanche uno coincide purtroppo con i numeri veri. Conviene dunque fare un calcolo preciso preciso, che immagino nessuno vorrà utilizzare dato che dovrebbe in tal caso adeguare la sua visione alla realtà rinunciando ad adeguare la realtà alla sua visione.
Dal commissariamento del 2 maggio 2017 i costi pubblici per Alitalia sono stati di tre tipi:
– i prestiti ponte per 1.300 milioni complessivi (600 concessi a maggio 2017, incrementati a 900 nell’ottobre seguente, e 400 ulteriori a dicembre 2019);
– i rimborsi per danni Covid: 350 milioni stanziati per il 2020, di cui 272 erogati e altri 77 in attesa di autorizzazione dalla Vestager;
– i costi della cassa integrazione per i dipendenti in Cig, stimabili in circa 350 milioni ulteriori.
Il totale delle tre voci fa 2.050 milioni, una cifra molto distante dai 5 o addirittura 8 miliardi di cui si è letto in questi giorni. Poiché i rimborsi Covid sono comuni a tutte le categorie e sono causati dalla pandemia, non dovrebbero essere sommati ai restanti 1,75 miliardi, i quali sono invece causati dal dissesto di Alitalia, dissesto che conviene ricordare ancora una volta è stato prodotto dalla gestione privata che ha portato all’insolvenza del 2017 e non ai consueti sprechi pubblici.
Sia chiaro che non sto dicendo che 1,75 miliardi siano pochi perché in realtà io non li avrei dati proprio in partenza all’amministrazione straordinaria, rispettando le regole europee, e avrei anzi imposto che essa fosse di brevissima durata. Sto invece dicendo che 1,75 è molto distante da 5 e ancor più da 8. Come si possa arrivare a 8 non l’ho proprio capito, mentre a 5 vi si arriva sommando agli 1,75 i 3 miliardi stanziati nel bilancio dello Stato quale dotazione di capitale della newco. Ma essi non sono ancora un costo sostenuto, sono uno stanziamento che può divenire conferimento di capitale qualora erogato ma che può anche essere revocato nel caso il decisore pubblico cambi idea.
Dalla notte dei tempi, ovvero da quando Alitalia fu fondata nel 1947 il calcolo è più difficile ma non impossibile. Per gran parte del periodo ci viene in soccorso il famoso studio di Mediobanca del 2014, scaricabile gratuitamente dal sito della banca milanese previa registrazione, il quale quantifica a valori rivalutati i costi pubblici in:
– 3,3 miliardi per la gestione pubblica di Alitalia dal 1974 al 2007 (tabella di pag. 8 dello studio);
– 4,1 miliardi complessivamente sostenuti per ridimensionare Alitalia nel 2008 e favorire in tal modo l’avvio della gestione privata che si è chiusa con l’insolvenza del 2017 (tabella di pag. 11 dello studio);
– manca il periodo antecedente al 1974, dunque il primo quarto di secolo trascorso dalla fondazione nel 1947, in cui tuttavia i bilanci furono stabilmente in attivo; per questo periodo ho fatto io stesso una ricostruzione in due vecchi contributi per il Sussidiario pubblicati a novembre 2017, arrivando alla stima di un apporto positivo per le casse pubbliche di 1,1 miliardi (a valori rivalutati).
Si possono a questo punto riepilogare i costi pubblici causati da Alitalia dal 1947 a oggi nei seguenti:
– Nel mezzo secolo di gestione pubblica, tra il 1947 e il 2007, un onere netto rivalutato di 2,2 miliardi (i 3,3 miliardi stimati da Mediobanca per il periodo 1974-2007 al netto degli 1,1 miliardi da me stimati per il periodo 1947-73).
– Dal 2008 a oggi le casse pubbliche hanno invece sostenuto oneri per sostenere la gestione privata, ex ante col ridimensionamento ed ex post con la gestione commissariale, per 5,9 miliardi.
In conclusione la gestione pubblica diretta di Alitalia è costata 2,2 miliardi in 51 anni, mentre il sostegno ex ante ed ex post alla gestione privata è costato 5,9 miliardi in soli 13 anni.