Giuseppe Conte e Roberto Speranza saranno interrogati il prossimo 10 maggio dal Tribunale dei ministri di Brescia nell’ambito dell’inchiesta in cui risultano indagati per la gestione della prima fase della pandemia Covid, nel febbraio 2020. Gli atti della procura di Bergamo, che ha condotto l’inchiesta per epidemia colposa e sulla mancata istituzione della zona rossa ad Alzano e Nembro, sono stati inviati ai colleghi bresciani, che a loro volta li hanno trasmessi al Tribunale dei ministri, presieduto dalla giudice civile Maria Rosa Pipponzi e composto da altri due giudici civili. «Io il 10 maggio da buon cittadino italiano andrò a riferire davanti ai giudici tutto quello che so. Com’è giusto che faccia chi si è assunto una responsabilità pubblica, chi ha cercato di agire sempre in modo trasparente e in modo chiaro», ha dichiarato Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle e all’epoca dei fatti presidente del Consiglio. «In scienza e coscienza e andrò a riferire tutto quel che so».
Per i magistrati, con la dichiarazione della zona rossa il 27 febbraio si sarebbero potute salvare 4.148 vite. Se fosse stata istituita il 3 marzo, invece 2.659. Questi numeri si basano anche sulla maxi perizia del professor Andrea Crisanti, diventato poi senatore del Pd. Dalle 35 pagine scritte dai pm diretti da Antonio Chiappani emerge, stando a quanto riportato da Libero, che Giuseppe Conte e l’allora ministro della Salute, Roberto Speranza, sono accusati di «aver cagionato per colpa» la morte di 55 persone. Il procuratore Chiappani ha dichiarato che «c’è stata una valutazione insufficiente del rischio. Non potevamo chiudere con un’archiviazione».
INCHIESTA COVID: PERCHÈ POSIZIONI CONTE E SPERANZA STRALCIATE
L’inchiesta della procura di Bergamo è stata conclusa a inizio marzo, a tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia Covid che solo nella Bergamasca ha portato a oltre 6mila morti in più rispetto alla media dell’anno prima. Le accuse sono di omicidio colposo ed epidemia colposa, ma tra gli altri reati contestati, a vario titolo, ci sono anche rifiuto di atto d’ufficio, lesioni colpose e falso. E ci sono 19 indagati, tra cui appunto Giuseppe Conte e Roberto Speranza, ma figurano anche Attilio Fontana, governatore della Lombardia, e Giulio Gallera, ex assessore alla Sanità, il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) Silvio Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli. Le posizioni di Conte e Speranza erano state subito stralciate dall’inchiesta principale, in quanto membri del governo. Per questo le carte sono state trasmesse al Tribunale dei ministri, nella sede di Brescia, competente quando si tratta di membri di governo. Nei giorni scorsi, anche la posizione di Agostino Miozzo, ex coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts), è stata riunita a quelle dell’ex premier e dell’ex ministro della Salute.
Nelle riunioni del 29 febbraio e primo marzo 2020 con i membri del Cts, Giuseppe Conte «si sarebbe limitato a proporre misure meramente integrative senza prospettare di estendere la zona rossa ai Comuni della Val Seriana nonostante l’ulteriore incremento del contagio in Lombardia», e nonostante «l’accertamento delle condizioni che corrispondevano allo scenario più catastrofico». In particolare, all’ospedale di Alzano Lombardo furono accertati il 23 febbraio i primi due casi di positività al Covid. Il 4 marzo in bassa Val Seriana i casi erano 177, il 9 marzo 1.356. Ma solo il 9 marzo il governo decise di fare dell’Italia un’unica zona rossa, due giorni dopo fu dichiarato il lockdown.